Sentenza su Meta e copyright: vittoria solo parziale

Il giudice riconosce l’uso senza danno economico

Una recente sentenza di un tribunale federale statunitense ha stabilito che l’utilizzo, da parte di Meta, di libri protetti da copyright per addestrare modelli di intelligenza artificiale generativa non costituisce una violazione della legge. Il giudice ha infatti concluso che non sono state fornite prove sufficienti a dimostrazione di un danno economico concreto agli autori coinvolti, rendendo quindi l’uso legittimo sotto il principio del fair use.

Il caso legale avviato da tredici autori

L’azione legale, nota come Kadrey contro Meta, era stata avviata nel 2023 da un gruppo di 13 autori, tra cui personaggi noti del panorama culturale e giornalistico statunitense. I querelanti avevano accusato Meta di aver utilizzato senza autorizzazione le loro opere per l’addestramento di modelli linguistici di grandi dimensioni, sostenendo che questo comportamento avesse compromesso il valore commerciale dei loro testi.

Il tribunale ha ritenuto però che, in mancanza di una dimostrazione tangibile del danno al mercato, non si potesse parlare di violazione del diritto d’autore, pur riconoscendo che in altri casi analoghi la questione potrebbe avere un esito diverso.

Disaccordo tra giudici su cosa costituisca fair use

La pronuncia si distingue da un’altra sentenza emessa pochi giorni prima, in un caso simile riguardante Anthropic, altra società attiva nell’AI. In quel caso, il giudice ha riconosciuto la liceità dell’uso trasformativo del materiale protetto da copyright, ma ha mantenuto aperte le accuse di pirateria.

Nel caso Meta, il giudice ha dato maggiore rilievo alla presenza o meno di un danno economico diretto, piuttosto che concentrarsi sul carattere trasformativo dell’uso. Questo approccio evidenzia una divergenza interpretativa tra i magistrati americani su come applicare il fair use nel contesto dell’intelligenza artificiale.

Implicazioni per il futuro delle cause simili

Sebbene la sentenza sia stata favorevole a Meta, non si tratta di un verdetto assoluto. Il giudice ha chiarito che la sua decisione è limitata ai fatti specifici del caso e non impedisce ad altri autori di avviare nuove cause. Anzi, viene sottolineato che, in molti altri scenari, la copia di opere protette da copyright per fini di addestramento AI potrebbe risultare illegale, soprattutto in assenza di licenze o compensi ai titolari dei diritti.

La corte ha inoltre ribadito che le aziende che vogliono evitare contenziosi dovranno in futuro accordarsi economicamente con i detentori dei diritti per l’utilizzo delle loro opere.

Reazioni contrastanti tra le parti coinvolte

Da parte di Meta, la reazione alla decisione è stata positiva. L’azienda ha accolto la sentenza come un riconoscimento dell’importanza del fair use nello sviluppo di modelli AI open source, ritenuti fondamentali per la produttività e l’innovazione.

Diversa invece la posizione degli autori coinvolti e dei legali che li rappresentano. Secondo loro, la sentenza non tiene conto della portata e delle implicazioni sistemiche della raccolta di materiale protetto per finalità tecnologiche. Pur ammettendo che il giudizio riguarda solo un numero limitato di soggetti, gli avvocati evidenziano come Meta abbia utilizzato in passato milioni di testi senza autorizzazione, e si dichiarano in disaccordo con la conclusione del tribunale.

Anche associazioni come l’Author’s Guild, impegnate in controversie simili contro OpenAI, hanno espresso delusione per l’esito parziale della sentenza, ribadendo che la questione rimane irrisolta e ancora oggetto di dibattito.