La decisione della Corte costituzionale
Con la sentenza n. 135 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il limite fisso di 240mila euro annui sugli stipendi dei dipendenti pubblici. Tale tetto, introdotto nel 2014 durante il governo Renzi, dovrà ora essere ricalcolato in base alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione, che attualmente ammonta a circa 312mila euro annui. Il nuovo parametro dovrà essere aggiornato tramite un decreto del Presidente del Consiglio, previo parere delle commissioni parlamentari.
Origine del tetto retributivo
Il limite agli stipendi nella pubblica amministrazione era stato inizialmente stabilito dal decreto legge n. 201 del 2011, ancorandolo proprio alla retribuzione del presidente della Cassazione. Successivamente, con il decreto legge n. 66 del 2014, si è optato per una cifra fissa di 240mila euro, riducendo di fatto i compensi di alcune categorie, in particolare dei magistrati.
Perché era stato considerato legittimo
Nei primi anni, la norma fu ritenuta compatibile con la Costituzione perché introdotta come misura eccezionale, giustificata dalla grave crisi economico-finanziaria che l’Italia stava affrontando. Tuttavia, col passare del tempo, il carattere straordinario e temporaneo del provvedimento è venuto meno, facendo emergere il problema della sua incidenza sull’indipendenza della magistratura e sul principio di proporzionalità retributiva.
I richiami al diritto europeo
La decisione della Consulta si allinea anche agli orientamenti giurisprudenziali europei. La Corte di giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 25 febbraio 2025, ha censurato misure analoghe adottate in altri Stati membri che riducevano in modo significativo gli stipendi dei magistrati, sottolineando la necessità di garantire la loro indipendenza attraverso una remunerazione adeguata e non condizionata da interventi permanenti di natura politica.
Effetti della sentenza e applicazione futura
La dichiarazione di incostituzionalità riguarda tutti i dipendenti pubblici che percepiscono compensi a carico dello Stato. Tuttavia, trattandosi di un caso di incostituzionalità sopravvenuta, la decisione non avrà effetto retroattivo: i suoi effetti decorreranno dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. In questo modo, gli stipendi verranno ricalcolati solo per il futuro, senza rimborsi per le somme già corrisposte in passato.