Un piano per ridurre l’influenza di Pechino
Il governo guidato da Giorgia Meloni sta studiando un intervento per limitare la presenza di investitori cinesi nelle imprese strategiche italiane, sia pubbliche che private, con l’obiettivo di proteggere asset sensibili e rafforzare la cooperazione con Washington. La misura, anticipata da fonti vicine al dossier, riguarderebbe gruppi come Pirelli, Cdp Reti e Ansaldo Energia, attivi nei settori energia, trasporti, tecnologia e finanza.
Il contesto è quello di una crescente rivalità geopolitica tra Stati Uniti e Cina, in cui Roma mira a riequilibrare le quote azionarie nei comparti più delicati, evitando però tensioni commerciali e possibili ritorsioni, come l’imposizione di dazi.
Il caso Pirelli e il nodo tecnologico
La situazione di Pirelli rappresenta il dossier più complesso. Sinochem International Corp., controllata statale cinese, possiede il 37% del produttore di pneumatici e ha in passato tentato di influire sulla governance. Le tecnologie “Cyber Tyre”, considerate strategiche, sono state già protette con l’uso del Golden Power nel 2023.
Gli Stati Uniti hanno segnalato che la proprietà cinese potrebbe portare a limitazioni nelle vendite sul mercato americano, in conformità con le norme anti-software e hardware di aziende controllate da Pechino. Il governo italiano ha imposto misure per salvaguardare l’autonomia del management, mentre il consiglio di amministrazione ha dichiarato l’assenza di un controllo effettivo da parte di Sinochem. Non si esclude che Roma possa spingere per una riduzione o cessione della quota.
Energia sotto osservazione
Nella strategia di revisione delle partecipazioni rientrano anche Cdp Reti e Ansaldo Energia. La prima controlla quote di Terna, Snam e Italgas, e vede la State Grid Corporation of China al 35% con due rappresentanti nel cda. Nel caso di Ansaldo Energia, la partecipazione di Shanghai Electric si è ridotta allo 0,5%, ma la sola presenza cinese è sufficiente a escludere la società da determinate commesse negli Stati Uniti.
Il quadro internazionale e la partita dei porti
Sul piano globale, Pechino continua a puntare alle infrastrutture critiche. Il colosso Cosco sta cercando di entrare nella cordata guidata da Til (Msc) per rilevare 43 porti internazionali dal gruppo di Hong Kong CK Hutchison, in un’operazione da 23 miliardi di dollari. L’acquisizione è attualmente sospesa per un’indagine antitrust in Cina e per l’esigenza di definire un assetto che consenta a BlackRock di acquisire i due porti panamensi strategici per il Canale di Panama, in linea con le pressioni statunitensi a contenere l’influenza cinese.
L’Europa tra apertura e cautela
Il caso italiano si inserisce in un trend europeo: dopo la crisi del 2008, l’UE aveva accolto con favore gli investimenti cinesi, ma oggi prevale la prudenza, soprattutto in infrastrutture e settori critici. L’obiettivo è ridurre i rischi mantenendo però margini di collaborazione nei progetti industriali e nella transizione energetica. Secondo esperti del settore, senza una strategia condivisa l’Europa rischia di perdere terreno industriale mentre la Cina accelera la propria autosufficienza.