Una mossa straordinaria per salvaguardare l’azienda
Il futuro di Intel, gigante americano dei semiconduttori, potrebbe cambiare radicalmente. L’amministrazione degli Stati Uniti sta valutando l’acquisto di una partecipazione diretta nel capitale della società, alle prese con una grave crisi economica e industriale. L’ipotesi è emersa dopo un incontro alla Casa Bianca tra il presidente Donald Trump e l’amministratore delegato Lip-Bu Tan, avvenuto l’11 agosto. Sul tavolo la stabilità finanziaria del gruppo e il ruolo che il governo potrebbe assumere per garantirne la continuità. La questione è diventata ancora più urgente dopo che Trump ha chiesto le dimissioni del CEO, accusato di legami troppo stretti con la Cina, ritenuti incompatibili con la guida di un’azienda considerata cruciale per la sicurezza nazionale.
Le ombre sulla carriera di Lip-Bu Tan
La nomina di Lip-Bu Tan a capo di Intel, avvenuta nel marzo 2025, ha seguito l’uscita di Pat Gelsinger, rimosso dopo risultati finanziari deludenti. Tan, manager di origini cinesi, aveva già fatto parte del consiglio di amministrazione, ma il suo percorso professionale ha destato forti perplessità a Washington. Negli anni ’80 ha fondato Walden International, fondo di venture capital che ha sostenuto numerose startup tecnologiche cinesi. Dal 2009 al 2021 ha ricoperto il ruolo di amministratore delegato di Cadence Design Systems, società specializzata nello sviluppo di software per la progettazione di semiconduttori avanzati. Proprio Cadence è stata al centro di uno scandalo recente: a luglio ha ammesso di aver violato le restrizioni americane, vendendo software sensibili alla National Defense University di Pechino. L’azienda ha accettato di versare 140 milioni di dollari a titolo di sanzione, ma l’episodio ha intensificato i dubbi sul coinvolgimento di Tan, che ne era alla guida nel periodo in cui avvennero le operazioni.
Le difficoltà industriali e il nodo Ohio
Le tensioni non riguardano soltanto i legami con la Cina. Intel si trova in una fase delicata anche sul piano industriale: il piano da 20 miliardi di dollari per la costruzione di un nuovo stabilimento in Ohio, pensato come emblema della rinascita manifatturiera statunitense, ha registrato notevoli ritardi. Queste difficoltà mettono in discussione i finanziamenti previsti dal Chips and Science Act del 2022, che rappresenta il più grande piano di investimenti statunitense nel settore dei semiconduttori dalla Seconda guerra mondiale. Per Trump, l’inefficienza nel portare avanti un progetto di tale portata, unita al profilo controverso del CEO, giustifica un intervento diretto dello Stato nel capitale della società.
La corsa americana ai semiconduttori
Il possibile ingresso pubblico in Intel si inserisce in una strategia più ampia dell’amministrazione Trump: ridurre la dipendenza dagli stabilimenti asiatici e riportare la produzione di chip negli Stati Uniti. Negli anni ’90 gli USA producevano circa il 37% dei semiconduttori mondiali, mentre oggi la quota è scesa al 12%. La pandemia ha messo in evidenza la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento, con ripercussioni pesanti sull’industria automobilistica e tecnologica. Intel, nonostante la crisi, è considerata l’unica azienda americana in grado di contrastare la supremazia di TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company), che produce oltre il 60% dei chip più avanzati al mondo.
Precedenti interventi del governo americano
L’ipotesi di una quota statale in Intel non sarebbe un caso isolato. L’amministrazione Trump ha già dimostrato di voler intervenire attivamente nelle dinamiche di mercato. Di recente Nvidia e AMD hanno concordato di cedere al governo statunitense il 15% dei profitti realizzati in Cina come condizione per ricevere le licenze di esportazione indispensabili. In maniera analoga, durante l’acquisizione di US Steel da parte della giapponese Nippon Steel, la Casa Bianca ha imposto una golden share, garantendosi così il potere di bloccare eventuali decisioni aziendali considerate dannose per gli interessi nazionali. In questo contesto, un ruolo diretto dello Stato in Intel sarebbe coerente con una visione di controllo rafforzato sui settori ritenuti strategici.