Il ritorno del metallo giallo come bene rifugio
L’oro ha riconquistato un ruolo centrale nei mercati finanziari globali. In un contesto di debiti pubblici crescenti, pressioni inflazionistiche e instabilità politica, il metallo prezioso è tornato a rappresentare un punto di riferimento per investitori e istituzioni. Negli ultimi giorni le quotazioni hanno sfiorato i 3.800 dollari l’oncia, con proiezioni credibili oltre quota 4.000. Non si tratta solo di un rialzo speculativo, ma di un vero e proprio spostamento di fiducia da strumenti tradizionali come i titoli di Stato verso asset percepiti come indipendenti.
Obbligazioni in crisi di credibilità
A livello superficiale, il mercato dei bond sovrani appare regolare: aste ben coperte, volatilità contenuta, spread stabili. Tuttavia, dietro questa facciata emergono squilibri. Deficit elevati, bilanci pubblici sotto pressione e percorsi politici incerti caratterizzano paesi come Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Perfino i Bund tedeschi, storicamente sinonimo di sicurezza, hanno subito vendite consistenti. Quando anche la Germania non è più considerata rifugio assoluto, il segnale è chiaro: la fiducia nei debiti sovrani si sta indebolendo.
Rendimenti più alti ma fiducia più fragile
I rendimenti reali, al netto dell’inflazione, sono tornati ai livelli dei primi anni Duemila. Negli Stati Uniti, il decennale si mantiene sopra il 4%, non per prospettive di crescita, ma per la percezione di rischio. In Giappone, i trentennali sono balzati di oltre 100 punti base in pochi mesi. In Francia e Gran Bretagna, le stesse scadenze hanno raggiunto massimi che non si vedevano dal 2008 e dal 1998. Persino l’Italia, pur avendo registrato una buona domanda per i BTP grazie a rendimenti competitivi, resta un’eccezione temporanea, più legata a fattori contingenti che strutturali.
L’acquisto strategico delle banche centrali
A spingere la domanda di oro non sono soltanto gli investitori privati, ma soprattutto le banche centrali. Nel primo semestre del 2025, secondo i dati del settore, sono state acquistate oltre 290 tonnellate di oro, dopo le 1.037 tonnellate accumulate nel 2023, massimo storico. In prima linea c’è la Banca Popolare Cinese, seguita da Turchia, India, Russia e Singapore. L’obiettivo è chiaro: diversificare le riserve, ridurre la dipendenza dal dollaro e rafforzare la propria autonomia strategica in un mondo sempre più multipolare.
Opportunità e rischi del nuovo rally
Il rialzo dell’oro non è privo di incognite. L’aumento rapido delle quotazioni rischia di attrarre capitali speculativi a breve termine, riducendo la stabilità del metallo prezioso. Inoltre, un eventuale ritorno a politiche monetarie restrittive da parte delle banche centrali potrebbe riportare competitività ai titoli obbligazionari, sottraendo interesse all’oro. Tuttavia, al momento, prevale la percezione che il metallo giallo sia l’unico strumento capace di garantire sicurezza, indipendenza e protezione da scenari di crisi sistemica.