Crisi di manager nell’impero Musk: tensioni e dimissioni

Matteo Romano

Uscite eccellenti tra Tesla e XAi

L’universo imprenditoriale di Elon Musk si trova a gestire un’ondata senza precedenti di dimissioni ai vertici. Dopo i 14.000 tagli occupazionali in Tesla ad aprile e i 500 licenziamenti in XAi a inizio mese, diversi manager di primo piano hanno deciso di lasciare spontaneamente l’incarico. A Tesla hanno abbandonato figure chiave come Omead Afshar, storico braccio destro operativo del fondatore, seguito da Milan Kovac, responsabile del progetto robotico Optimus, e da Jenna Ferrua, alla guida delle risorse umane.
La fuga si estende anche a XAi, la società dedicata all’intelligenza artificiale collegata all’ex Twitter: tra i nomi di spicco figurano il direttore finanziario Mike Liberatore e il consulente legale Robert Keele, dimessosi dopo appena 16 mesi. A questi si aggiunge l’uscita di Linda Yaccarino, ex amministratrice delegata di X, che aveva lasciato già a luglio.

Le radici di un malessere crescente

Secondo varie ricostruzioni, la principale causa di questo esodo sarebbe l’intensità dei ritmi lavorativi imposti dal modello Musk. All’interno delle aziende si parla spesso di una differenza tra “tempo normale” e “tempo Tesla”, un riferimento a una cultura organizzativa basata su impegni 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Questo stile, se da un lato ha favorito l’innovazione accelerata, dall’altro sembra aver logorato anche i collaboratori più resistenti, generando stanchezza cronica e tensioni interne.

Il peso delle prese di posizione politiche

Un ulteriore elemento di attrito è rappresentato dall’esposizione politica di Elon Musk, sempre più vicina a figure di orientamento conservatore negli Stati Uniti. Il coinvolgimento con l’amministrazione di Donald Trump e il sostegno a esponenti dell’estrema destra hanno accentuato il disagio di una parte dei manager, che non si riconoscono in questa linea e preferiscono dissociarsi. La combinazione tra pressioni interne e polemiche esterne ha dunque reso più fragile il clima aziendale, accelerando le scelte di abbandono.

Una leadership che rassicura ma non convince

Nonostante la serie di abbandoni, la presidenza di Robyn Denholm, in carica dal 2018, continua a difendere l’attrattività del gruppo, definendo Tesla ancora una “calamita di talenti”. Tuttavia, la realtà interna sembra più complessa: la perdita di dirigenti di alto livello rischia di indebolire la capacità del gruppo di mantenere coesione e continuità strategica. Nel frattempo, i programmi di sviluppo, dall’auto elettrica all’intelligenza artificiale, richiedono risorse umane qualificate difficilmente sostituibili in tempi brevi.

Rischi per la competitività globale

L’emorragia di manager si inserisce in un contesto competitivo sempre più acceso, con l’industria automobilistica e tecnologica alle prese con innovazioni radicali. La sfida per Tesla e XAi non è soltanto trattenere personale qualificato, ma garantire stabilità organizzativa in un mercato globale in rapida trasformazione. Senza una strategia capace di bilanciare innovazione e sostenibilità del lavoro, l’impero di Musk potrebbe vedere incrinarsi quell’immagine di efficienza estrema che ne ha alimentato il successo negli ultimi anni.