Solo il 43% delle aziende paga entro i termini
Secondo gli ultimi dati diffusi da Cribis, società del gruppo Crif, nel terzo trimestre del 2025 solo il 43% delle imprese italiane rispetta puntualmente le scadenze di pagamento verso i propri fornitori. La quota risulta in leggera flessione rispetto al 44,3% registrato nello stesso periodo del 2024, evidenziando un calo dello 0,7% su base annua.
Sostanzialmente stabile invece la percentuale dei ritardi gravi, pari al 4,3%, seppure con un incremento marginale dello 0,3%. Il dato suggerisce che, pur in un contesto economico incerto, il tessuto imprenditoriale italiano continua a mostrare una discreta capacità di onorare i propri impegni finanziari, anche se emergono segnali di fragilità.
Differenze territoriali marcate tra Nord e Sud
Le analisi di Cribis confermano l’ormai storica spaccatura geografica nella puntualità dei pagamenti. Le imprese del Nord Est si distinguono ancora una volta per il miglior comportamento creditizio, con una percentuale di pagamenti puntuali al 51,6%, mentre nel Sud e nelle Isole il dato precipita al 32,8%.
Anche sul fronte dei ritardi oltre i 90 giorni, il divario è netto: appena 2,4% delle aziende nel Nord Est contro il 6,9% nelle regioni meridionali. In particolare, la Sicilia risulta la meno virtuosa con un tasso di 8,7% di ritardi gravi, seguita da Calabria (28,1% di pagatori puntuali) e Lazio (32,8%). Al contrario, il Trentino-Alto Adige si conferma la regione con i comportamenti più affidabili, con solo 2,1% di ritardi oltre i tre mesi.
I settori più in difficoltà
Sul piano settoriale, il comparto della ristorazione continua a mostrare forti criticità: ben 7,3% delle imprese paga con oltre 90 giorni di ritardo, segno di una persistente fragilità finanziaria. Anche il settore dei servizi alla persona registra un peggioramento, con ritardi prolungati che raggiungono il 5,8%.
Al contrario, comparti come il commercio all’ingrosso, la manifattura e i servizi alle imprese mantengono livelli di puntualità più elevati, grazie a una gestione più strutturata della liquidità e a rapporti di fornitura più solidi.
Le microimprese appaiono leggermente più affidabili delle medie aziende, con minore propensione ai ritardi gravi, ma anche con margini finanziari ridotti. Questa resilienza è legata alla capacità di gestire in modo diretto i rapporti con clienti e fornitori, ma risente fortemente delle tensioni sui flussi di cassa.
Un contesto economico ancora instabile
Gli esperti evidenziano che la lieve diminuzione nella puntualità dei pagamenti non deve essere interpretata come un segnale di crisi imminente, ma piuttosto come un campanello d’allarme in un contesto macroeconomico ancora incerto. Le imprese italiane, infatti, operano in un quadro influenzato da volatilità dei mercati, tensioni geopolitiche e possibili dazi internazionali, elementi che continuano a pesare sulla gestione finanziaria e sui tempi di incasso.
La stabilità dei ritardi gravi intorno al 4% dimostra comunque una buona capacità di tenuta del sistema produttivo nazionale. Tuttavia, la liquidità delle filiere rimane sotto pressione, e la necessità di monitorare costantemente il rischio di credito è destinata a diventare un fattore cruciale per la sostenibilità delle imprese nei prossimi mesi.
Le prospettive per il 2026
Guardando al futuro, gli analisti prevedono che il 2026 sarà un anno di forte selezione nel panorama imprenditoriale italiano, con un crescente divario tra aziende solide e imprese fragili sul piano finanziario. Le realtà che sapranno ottimizzare la gestione del capitale circolante e mantenere relazioni affidabili con clienti e fornitori potranno resistere meglio all’instabilità dei mercati.Il sistema produttivo nazionale, pur mostrando una certa resilienza, deve però affrontare una sfida complessa: migliorare la puntualità nei pagamenti per preservare la fiducia all’interno delle catene di fornitura e garantire maggiore stabilità al tessuto economico del Paese.