Pressione fiscale record per le nuove imprese
La condizione economica delle giovani aziende italiane continua a essere segnata da una pressione fiscale insostenibile, che penalizza la crescita e frena l’innovazione. Mentre i grandi gruppi industriali godono di agevolazioni e regimi agevolati, le imprese nate negli ultimi anni si trovano spesso a pagare aliquote effettive superiori al 40%, un peso che riduce la capacità di investimento e limita la competitività sul mercato.
A denunciare la situazione è Maria Anghileri, presidente dei Giovani di Confindustria, che sottolinea come il futuro economico del Paese dipenda proprio da queste realtà emergenti. Le piccole aziende, spesso fondate da under 35, rappresentano un laboratorio di innovazione e occupazione, ma vengono gravate da un sistema che sembra premiare la stabilità delle grandi corporation anziché il dinamismo delle nuove iniziative.
Un sistema che ostacola chi produce valore
Il quadro generale evidenzia un divario crescente tra grandi gruppi e microimprese. Le prime possono beneficiare di strumenti fiscali e finanziari complessi, capaci di ridurre drasticamente il carico tributario, mentre le seconde si trovano prive di risorse e consulenze adeguate.
Secondo i dati più recenti del Ministero dell’Economia, il gettito fiscale proveniente dalle PMI copre circa il 70% del totale versato dalle imprese, pur rappresentando meno del 20% del fatturato complessivo nazionale. Questa sproporzione mostra con chiarezza l’asimmetria del sistema.
Per le aziende giovani, la difficoltà non si limita solo al pagamento delle imposte: la burocrazia, i ritardi nei rimborsi IVA e l’incertezza normativa aggravano ulteriormente il quadro. Ogni modifica legislativa in materia tributaria comporta costi amministrativi aggiuntivi, scoraggiando nuovi investimenti e favorendo la delocalizzazione.
Credito difficile: il freno invisibile alla crescita
Accanto alla questione fiscale, le barriere all’accesso al credito rappresentano l’altro grande ostacolo alla sopravvivenza delle nuove imprese. I dati della Banca d’Italia indicano che nel 2024 il numero di richieste di finanziamento respinte alle microimprese è aumentato del 12% rispetto all’anno precedente.
Molte banche continuano a privilegiare i clienti storici o i grandi gruppi, riducendo i prestiti a chi non dispone di garanzie patrimoniali solide o di una lunga storia creditizia. Questo approccio, pur prudente, ha un effetto devastante sul tessuto produttivo giovane, costretto spesso a rinunciare a progetti di ampliamento o innovazione tecnologica.
Le start-up innovative e le aziende sotto i cinque anni di attività soffrono in modo particolare: solo una su tre riesce ad ottenere un finanziamento bancario alle condizioni richieste. Le altre devono ricorrere a fondi privati o a programmi regionali spesso complessi e di breve durata.
Il doppio paradosso dell’economia italiana
La combinazione di più tasse e meno credito costituisce una contraddizione strutturale del sistema economico italiano. Da un lato, si promuove la necessità di sostenere l’imprenditorialità giovanile e la transizione digitale; dall’altro, si impongono vincoli fiscali e finanziari che ne impediscono lo sviluppo.
Il paradosso è evidente: le stesse istituzioni che esaltano la “rivoluzione delle start-up” si dimostrano incapaci di offrire strumenti concreti di sostegno stabile, limitandosi a bonus temporanei o crediti d’imposta di difficile applicazione.
L’eccessiva frammentazione degli interventi pubblici, unita alla mancanza di una strategia nazionale per il credito alle PMI, produce un effetto di dispersione: risorse disponibili ma difficilmente accessibili. Molte imprese rinunciano ad usufruirne, scoraggiate dai tempi lunghi e dalle procedure complesse.
La richiesta di una svolta strutturale
La richiesta che arriva dal mondo produttivo è chiara: riduzione del carico fiscale e politiche di credito più inclusive. I giovani imprenditori chiedono un sistema che premi il merito e la sostenibilità economica, non solo la dimensione aziendale.
Una riforma fiscale mirata alle PMI sotto i 10 anni di attività, con aliquote ridotte e incentivi per l’assunzione di personale qualificato, rappresenterebbe un passo decisivo. Allo stesso modo, una rete di garanzie pubbliche più efficace potrebbe facilitare l’accesso ai finanziamenti, favorendo la nascita di imprese solide e competitive.
Oggi il 75% dei giovani imprenditori considera la fiscalità il principale ostacolo alla crescita, mentre il 68% ritiene che l’attuale sistema bancario non sia in grado di rispondere alle esigenze del nuovo tessuto produttivo. Questi numeri delineano una sfida urgente per la politica economica nazionale: costruire un ambiente che non penalizzi chi crea lavoro e valore.