La deregolamentazione come leva economica
Negli Stati Uniti, l’amministrazione di Donald Trump sta preparando una profonda revisione delle regole bancarie con l’obiettivo dichiarato di stimolare il credito e favorire la crescita industriale. La proposta, che mira a ridurre i requisiti patrimoniali imposti agli istituti di credito, potrebbe liberare una quantità significativa di capitali, consentendo alle banche di ampliare i prestiti e sostenere investimenti strategici.
Secondo stime indipendenti, la deregolamentazione del settore bancario americano potrebbe sbloccare fino a 2.600 miliardi di dollari di nuova capacità di credito, con un impatto diretto sul mercato dei capitali e sulla redditività del comparto finanziario. L’operazione si inserisce nel più ampio piano economico del nuovo mandato di Trump, volto a rilanciare la competitività delle grandi società statunitensi nei settori ad alta intensità tecnologica.
Effetti diretti sui giganti di Wall Street
Tra i principali beneficiari della nuova politica ci sarebbe J.P. Morgan Chase, la maggiore banca americana per capitalizzazione e asset gestiti. Con l’allentamento dei vincoli patrimoniali, l’istituto guidato da Jamie Dimon potrebbe liberare fino a 39 miliardi di dollari di capitale, con un potenziale incremento degli utili stimato intorno al 31%.
L’impatto complessivo per l’intero settore bancario sarebbe rilevante: l’eliminazione di parte dei requisiti di riserva consentirebbe un aumento del 35% degli utili per azione, secondo proiezioni elaborate da analisti finanziari. Questa nuova flessibilità patrimoniale darebbe alle banche maggiore margine di manovra per finanziare progetti infrastrutturali, innovazione tecnologica e, soprattutto, sviluppo di sistemi basati sull’intelligenza artificiale.
Tuttavia, gli esperti sottolineano che un allentamento troppo rapido potrebbe esporre il sistema finanziario a rischi più elevati, riducendo la capacità di assorbire eventuali shock globali.
Obiettivo: spingere l’intelligenza artificiale e i data center
Uno dei punti centrali della strategia di Trump è quello di potenziare la capacità d’investimento delle grandi banche in ambiti chiave per la competitività americana: intelligenza artificiale, data center e infrastrutture digitali.
Questi settori, che richiedono enormi risorse finanziarie, potrebbero diventare i principali destinatari dei nuovi flussi di credito generati dalla deregolamentazione.
Le grandi società tecnologiche statunitensi — tra cui Google, Microsoft e Amazon Web Services — sono tra i principali clienti delle banche d’investimento per la costruzione e l’ampliamento dei centri dati, fondamentali per la gestione delle reti di calcolo e dei servizi cloud. La possibilità di ottenere credito a condizioni più favorevoli accelererebbe la realizzazione di nuove strutture, consolidando la leadership americana nel settore digitale globale.
In parallelo, il rilascio di capitali permetterebbe alle banche di investire direttamente in strumenti di automazione e analisi dei dati, migliorando la propria efficienza operativa e la gestione dei rischi.
Gli Stati Uniti aprono la strada al Regno Unito
Il piano statunitense di deregolamentazione non resta isolato. Anche il Regno Unito sta elaborando un intervento analogo, mirato a ridurre i requisiti patrimoniali delle proprie banche, attualmente compresi tra il 10,5% e il 16,3%, di circa l’8%.
L’obiettivo è rendere la City di Londra più competitiva rispetto a Wall Street, attirando capitali internazionali e favorendo un maggiore flusso di prestiti verso le imprese, in particolare nel comparto tecnologico e industriale.
La strategia britannica nasce dal timore che l’allentamento americano possa spostare flussi finanziari oltreoceano. Un sistema bancario più flessibile e meno vincolato potrebbe infatti rappresentare un vantaggio strategico per le economie che competono per attrarre investimenti globali.
L’Europa resta prudente e mantiene i vincoli
In controtendenza rispetto a Stati Uniti e Regno Unito, l’Unione Europea mantiene un approccio più prudente. La Banca Centrale Europea e le autorità di vigilanza nazionali continuano a privilegiare la stabilità patrimoniale rispetto alla liberalizzazione del credito.
Per le banche europee, gli accantonamenti prudenziali rimangono elevati e si prevede un ulteriore incremento di un punto percentuale nei prossimi mesi.
Questa linea difensiva mira a evitare il ripetersi di crisi sistemiche come quella del 2008, ma rischia di penalizzare la competitività degli istituti del continente rispetto ai concorrenti anglosassoni. Gli analisti avvertono che la distanza regolatoria tra Europa e Stati Uniti potrebbe tradursi in un divario crescente in termini di profittabilità, innovazione e capacità di investimento nei settori emergenti.
Nuovi scenari per la finanza globale
La scelta americana di ridurre le regole sul credito potrebbe ridisegnare gli equilibri globali del sistema finanziario. Con un potenziale aumento di oltre 140 miliardi di dollari di capitale libero a Wall Street, gli istituti statunitensi si preparano a consolidare la propria posizione dominante nei mercati internazionali.
Allo stesso tempo, la maggiore disponibilità di fondi destinati a innovazione e infrastrutture digitali potrebbe favorire la nascita di una nuova fase di espansione economica, trainata dall’interazione tra finanza, tecnologia e industria.
Resta da capire se l’approccio deregolatorio saprà mantenere l’equilibrio tra crescita economica e stabilità finanziaria, un binomio che negli ultimi anni si è rivelato fragile ma decisivo per la solidità dell’economia globale.