Una manovra previdenziale senza scossoni
Nel nuovo capitolo previdenziale della Legge di Bilancio 2026, il governo punta alla continuità. Nessuna riforma radicale, ma la proroga delle tre principali vie di uscita anticipata dal lavoro: Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna.
Si tratta di strumenti ormai consolidati, nati come soluzioni temporanee e oggi indispensabili per gestire una fase di transizione in un sistema pensionistico che attende ancora una revisione complessiva.
L’obiettivo resta quello di offrire maggiore flessibilità a chi, per età o condizioni personali, non può o non intende attendere la pensione di vecchiaia, fissata attualmente a 67 anni. Queste misure rappresentano un compromesso tra sostenibilità dei conti pubblici e tutela sociale dei lavoratori più fragili.
Quota 103: pensione anticipata per chi ha 62 anni e 41 di contributi
Quota 103 si conferma anche per il 2026 come la formula di uscita più utilizzata. Introdotta nel 2023 per sostituire Quota 102, consente di andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi.
Chi matura i requisiti dopo il 1° gennaio 2024 deve però attendere una finestra mobile prima di ricevere il primo assegno: 7 mesi per i lavoratori del settore privato e 9 mesi per quelli pubblici.
L’importo della pensione è calcolato secondo il sistema contributivo e non può superare un tetto mensile di 2.850 euro lordi fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia.
Questa misura, pur garantendo flessibilità, comporta un costo significativo per lo Stato, motivo per cui viene rinnovata di anno in anno e non resa permanente. Secondo le ultime stime, circa 17.000 lavoratori hanno usufruito di Quota 103 nel 2024, soprattutto nel settore privato e tra i lavoratori con lunga anzianità contributiva.
Ape Sociale: sostegno per chi vive situazioni di disagio
L’Ape Sociale rimane una delle misure più importanti sul piano sociale. Si tratta di un assegno-ponte finanziato dallo Stato, gestito dall’Inps, rivolto a chi si trova in particolari condizioni di difficoltà economica o sanitaria.
Possono accedervi i lavoratori con almeno 63 anni e 5 mesi di età (requisito 2024) e 30 anni di contributi, ma la soglia sale a 36 anni per chi ha svolto lavori gravosi o usuranti.
L’indennità non è una pensione vera e propria, ma accompagna il beneficiario fino al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria. Rientrano tra i destinatari i disoccupati di lungo periodo, i caregiver che assistono familiari non autosufficienti, gli invalidi civili e chi ha esercitato attività a elevato rischio fisico.
Per le donne, è prevista una riduzione dei requisiti contributivi fino a due anni, in relazione al numero di figli.
Nel 2024, l’Ape Sociale ha interessato oltre 45.000 beneficiari, e la sua proroga conferma la volontà di mantenere una forma di tutela per le fasce lavorative più vulnerabili.
Opzione Donna: flessibilità con assegno ridotto
Anche Opzione Donna viene prorogata, pur restando una misura selettiva e penalizzante sul piano economico. È riservata esclusivamente alle lavoratrici che desiderano lasciare il lavoro in anticipo rispetto alle regole ordinarie.
Per accedere è necessario aver maturato 35 anni di contributi effettivi e 61 anni di età. Tuttavia, per le madri è previsto uno sconto anagrafico: un anno in meno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni, consentendo quindi l’uscita a 60 o 59 anni.
L’assegno viene calcolato interamente con il metodo contributivo, il che comporta una riduzione media del 20-30% rispetto alla pensione ordinaria. Nonostante la penalizzazione, molte lavoratrici scelgono comunque questa opzione per motivi familiari o di salute.
Nel 2024, le domande accolte sono state circa 12.000, con una concentrazione elevata nel settore pubblico e tra le donne con carriere discontinue.
I costi per lo Stato e le prospettive di riforma
Il rinnovo delle tre misure ha un impatto stimato di circa 1,5 miliardi di euro sul bilancio 2026. Una cifra significativa ma sostenibile, che consente di mantenere un equilibrio tra rigore finanziario e sostegno sociale.
Il governo, guidato dal Ministero del Lavoro e dell’Economia, continua a studiare una riforma strutturale del sistema previdenziale, in grado di superare la frammentazione delle attuali deroghe e di introdurre una maggiore stabilità normativa.
Al momento, tuttavia, non si prevedono modifiche sostanziali: la priorità resta garantire continuità e certezza per chi è prossimo alla pensione.
Tra le ipotesi future figurano la revisione del sistema delle quote e l’introduzione di un meccanismo flessibile unico, che permetta di andare in pensione tra i 62 e i 70 anni, con importi proporzionali ai contributi versati.
Un sistema in attesa di equilibrio
La scelta del governo di prorogare Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna dimostra la difficoltà di trovare una soluzione stabile a un problema complesso: conciliare la sostenibilità economica con la necessità di offrire vie di uscita umane e realistiche dal mondo del lavoro.
In un contesto segnato da bassa natalità, invecchiamento della popolazione e carriere discontinue, queste misure restano strumenti indispensabili per accompagnare i lavoratori verso una transizione previdenziale più equa e sostenibile.