Alexa sotto accusa: cresce il dibattito sulla privacy

Matteo Romano

Un microfono sempre acceso nelle nostre case

La diffusione globale dei dispositivi Alexa, lanciati da Amazon, ha introdotto una nuova forma di interazione domestica, ma anche un crescente dibattito sulla tutela della privacy. L’assistente vocale, connesso 24 ore su 24 ai server centrali dell’azienda, rimane costantemente in ascolto, pronto ad attivarsi al semplice richiamo della cosiddetta wake word. Tuttavia, diversi studi e indagini hanno evidenziato che, in alcuni casi, i dispositivi registrano anche porzioni di conversazione antecedenti al comando vocale, inviando i dati ai sistemi di elaborazione remoti.

Questo meccanismo ha sollevato dubbi sulla reale trasparenza del trattamento delle informazioni personali, poiché molte delle registrazioni vengono conservate da Amazon per un periodo indefinito, a meno che non vengano cancellate manualmente dall’utente.

Un progetto ambizioso ma economicamente in difficoltà

Il lancio di Alexa doveva rappresentare una delle principali innovazioni del gruppo guidato da Jeff Bezos: un modo per integrare la tecnologia vocale con il commercio elettronico e facilitare gli acquisti online. Tuttavia, la strategia non ha prodotto i risultati attesi.

Secondo stime interne e analisi pubbliche, tra il 2017 e il 2021 la divisione hardware di Amazon avrebbe registrato perdite complessive per circa 25 miliardi di dollari, dovute ai costi di sviluppo e alla vendita degli altoparlanti Echo spesso a prezzi inferiori al costo di produzione. La crisi del settore ha spinto l’azienda, tra il 2022 e il 2023, a licenziare oltre 27.000 dipendenti, molti dei quali proprio nelle unità dedicate ai dispositivi domestici intelligenti.

Nonostante le difficoltà, Amazon continua a puntare sul settore della smart home, introducendo modelli aggiornati e nuove funzioni basate sull’intelligenza artificiale.

I nuovi dispositivi e la personalizzazione delle risposte

Nel 2025 è stata presentata la nuova linea Alexa+, che segna un’evoluzione nella gestione dei dati vocali. Le funzioni potenziate, come Voice ID, permettono al dispositivo di riconoscere chi parla e di personalizzare le risposte in base alle abitudini e al calendario dell’utente.

L’aggiornamento tecnologico ha comportato anche modifiche significative alle impostazioni di privacy. Da marzo 2025, Amazon ha rimosso l’opzione che consentiva di non inviare le registrazioni vocali ai server centrali, spiegando che le nuove funzioni richiedono capacità di elaborazione non realizzabili esclusivamente a livello locale.

La decisione ha riacceso le discussioni sull’equilibrio tra innovazione e diritto alla riservatezza, poiché l’utente non dispone più del pieno controllo sui propri dati vocali.

Le indagini e le azioni legali negli Stati Uniti

Le controversie legate all’uso dei dati raccolti dai dispositivi vocali non sono nuove. Negli Stati Uniti, nel luglio 2023, un giudice federale di Seattle ha autorizzato milioni di utenti a unirsi a una class action contro Amazon. La causa accusa l’azienda di aver registrato conversazioni private in modo non trasparente, violando le leggi statali sulla protezione dei consumatori.

Secondo i querelanti, il colosso avrebbe trattenuto e analizzato le registrazioni vocali a fini commerciali, senza informare adeguatamente gli utenti. Amazon ha respinto le accuse, ma la vicenda ha messo in evidenza la mancanza di chiarezza nelle politiche di gestione dei dati.

Le inchieste del 2019 e il controllo umano sui dati

Un’inchiesta pubblicata nel 2019 dal sito tecnologico Cnet ha rivelato che Amazon conserva registrazioni vocali e trascrizioni testuali anche dopo che gli utenti le cancellano manualmente. Il sistema, infatti, rimuove i file solo dal database principale, lasciando copie nei server secondari.

Nello stesso anno, un’inchiesta di Bloomberg ha mostrato che migliaia di dipendenti e appaltatori avevano il compito di ascoltare frammenti di conversazioni registrate, allo scopo di migliorare la comprensione linguistica dei dispositivi. Ogni clip, in alcuni casi, era associata a un nome utente e a un numero identificativo, sollevando ulteriori interrogativi sull’anonimato dei dati trattati.

La sanzione della FTC e le nuove regole per la gestione dei dati

Nel maggio 2023, Amazon ha accettato di pagare 25 milioni di dollari alla Federal Trade Commission (FTC) e al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per chiudere un procedimento riguardante la conservazione prolungata dei dati vocali raccolti attraverso i dispositivi domestici.

L’accordo obbliga l’azienda a cancellare le informazioni vocali non necessarie entro 90 giorni dall’individuazione dei profili inattivi e a fornire maggiore trasparenza sulle politiche di archiviazione. Inoltre, Amazon dovrà identificare gli account non utilizzati entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento e informare in modo più chiaro gli utenti sulle opzioni di gestione dei propri dati.

Le autorità statunitensi hanno sostenuto che le pratiche adottate dalla società abbiano permesso ad Amazon di ottenere un vantaggio competitivo, utilizzando l’enorme quantità di dati vocali per migliorare i propri algoritmi di riconoscimento.

Un equilibrio ancora lontano tra innovazione e privacy

Il caso Alexa rappresenta uno dei più emblematici esempi delle sfide poste dall’interazione tra tecnologia intelligente e diritto alla privacy. La raccolta costante di dati vocali, la loro archiviazione e l’uso per fini di sviluppo tecnologico continuano a sollevare interrogativi sulla reale possibilità di conciliare sicurezza, innovazione e rispetto della sfera personale.

Con il progressivo consolidamento dell’ecosistema digitale nelle abitazioni, il controllo dei dati diventa un tema centrale per i consumatori e per le istituzioni di tutto il mondo, che cercano di definire nuove regole per garantire trasparenza, protezione e responsabilità nell’uso delle tecnologie vocali.