Il sorpasso che cambia gli equilibri sociali
Nel Mezzogiorno e nelle Isole italiane, il numero dei pensionati ha ormai superato quello degli occupati. È un fenomeno che si è consolidato negli ultimi anni e che, secondo i dati della Cgia di Mestre, evidenzia uno squilibrio strutturale preoccupante: nel Sud si contano 7,3 milioni di pensioni a fronte di 6,4 milioni di lavoratori attivi.
La regione con il divario più marcato è la Puglia, dove si registrano oltre 231mila persone in più fuori dal mondo del lavoro rispetto a chi ancora vi partecipa. Questo andamento riflette una situazione economica fragile, in cui il peso dell’assistenza pubblica cresce più velocemente della capacità produttiva.
Nord in equilibrio, ma il trend è in peggioramento
Nelle regioni del Centro-Nord, la situazione appare più stabile. Solo Liguria, Umbria e Marche mostrano un equilibrio precario tra lavoratori e pensionati, mentre il resto del Paese mantiene un margine positivo.
La Lombardia guida la classifica con oltre 800mila occupati in più rispetto ai pensionati, seguita dal Veneto con circa 400mila, dal Lazio con 377mila e dalla Toscana con 184mila unità di vantaggio.
Tuttavia, gli esperti segnalano che anche questo equilibrio è destinato a deteriorarsi. Entro il 2029, si prevede che oltre 3 milioni di lavoratori lasceranno il posto per il pensionamento, e quasi il 74% di essi vive nelle regioni centro-settentrionali. Ciò significa che il fenomeno del “sorpasso” tra pensionati e lavoratori potrebbe presto estendersi anche al Nord.
Gli effetti sulla spesa pubblica
L’aumento della popolazione pensionata e la riduzione dei contribuenti attivi comportano un incremento inevitabile della spesa previdenziale e assistenziale. La Cgia avverte che, senza un deciso rilancio dell’occupazione, soprattutto giovanile e femminile, il sistema di welfare rischia di diventare insostenibile.
In Italia, il tasso di occupazione femminile e under 35 resta tra i più bassi d’Europa. Al Sud, il lavoro irregolare e la disoccupazione cronica amplificano gli squilibri, riducendo le entrate fiscali e contributive.
Lavoro nero e denatalità: un doppio problema
Due fattori concorrono ad aggravare la crisi: la denatalità e il lavoro sommerso. La continua diminuzione delle nascite riduce il ricambio generazionale, mentre l’elevato numero di lavoratori irregolari priva lo Stato di risorse contributive essenziali per finanziare le pensioni.
Il risultato è un sistema economico che si regge sempre più sui trasferimenti pubblici e sempre meno sulla produzione. L’effetto combinato di questi elementi ha già portato, in molte aree del Sud, a un rapporto di 1,1 pensionati per ogni lavoratore.
Le prospettive per il mercato del lavoro
Le aziende, soprattutto nel settore manifatturiero, stanno già sperimentando la carenza di personale specializzato, segnale di una transizione generazionale non gestita. Con l’uscita progressiva dei baby boomer, si prevede una forte riduzione della forza lavoro disponibile.
In assenza di politiche efficaci per l’occupazione e la natalità, il rischio è quello di un circolo vizioso: meno giovani lavorano, più cresce il peso delle pensioni, più si riducono le risorse per investire nella crescita economica.
Per riequilibrare la situazione serviranno interventi coordinati su formazione, natalità, inclusione lavorativa e contrasto all’economia sommersa, altrimenti l’Italia rischia di trovarsi, entro pochi anni, con più pensionati che lavoratori in quasi tutte le regioni.
