Termoli e lo stop ai motori Fire
Lo stabilimento di Termoli, con i suoi 1.823 dipendenti posti in regime di solidarietà per un anno, rappresenta il simbolo della crisi dell’automotive nazionale. La cessazione della produzione dei celebri motori Fire 1.2, che hanno segnato la storia industriale italiana con 23 milioni di unità prodotte, ha colpito duramente sia i lavoratori diretti sia l’indotto locale, pari a circa 1.200 posti tra Molise e Abruzzo. La riconversione promessa in Gigafactory non ha finora portato risultati concreti, lasciando l’intero territorio in sospeso.
L’ombra francese sulla strategia Stellantis
Le decisioni del gruppo guidato da Antonio Filosa sembrano favorire la componente francese, ex PSA, a scapito della produzione italiana. I motori destinati alle auto compatte sono ora forniti dagli stabilimenti transalpini, mentre il progetto della Gigafactory di Termoli, valutato 2 miliardi di euro, è rimasto bloccato. In Francia, invece, due moduli su tre dell’impianto ACC risultano già operativi. La guida della joint venture, affidata al manager francese Yann Vincent, conferma lo sbilanciamento interno che penalizza la filiera nazionale.
Investimenti all’estero e industria italiana in stallo
Il ritiro progressivo di Stellantis dal Paese appare evidente: maxi investimenti sono stati annunciati in Marocco e Algeria, mentre in Italia si teme la desertificazione industriale. La crisi riguarda potenzialmente 120mila lavoratori, considerando anche i fornitori. Le promesse del governo e del ministro delle Imprese Adolfo Urso, che puntavano a riportare la produzione a 1 milione di vetture l’anno, si scontrano con una realtà molto diversa. Secondo gli analisti, una soglia realistica potrebbe aggirarsi intorno a 500mila unità annue, livello che non garantirebbe la piena sostenibilità di tutti i cinque stabilimenti italiani.
Green deal e concorrenza asiatica
Il settore automobilistico paga il prezzo delle normative europee sul Green Deal e delle sanzioni per le emissioni di CO2. Per rispettare gli obiettivi ambientali, Stellantis ha acquistato per anni i costosi certificati verdi da Tesla, compromettendo la propria competitività. Parallelamente, la concorrenza asiatica, in particolare cinese, ha consolidato un vantaggio tecnologico notevole sul fronte delle batterie e dei veicoli elettrici, accentuando il divario con l’industria europea.
La logistica e le prospettive future
Il comparto dei fornitori e della logistica, essenziale per la filiera, vive anch’esso una fase critica. Il gruppo Smet, che cura la logistica europea di Stellantis, individua nel 2026 un anno cruciale per capire se il quadro normativo europeo potrà cambiare in direzione più pragmatica, favorendo il mantenimento di parte della produzione. Tuttavia, la crisi tedesca, aggravata dalle scelte di delocalizzare in Cina, colpisce anche i componentisti italiani che dipendono fortemente dal mercato di Berlino. La tenuta dell’intera catena produttiva resta quindi incerta.