Allarme dazi, l’industria meccanica teme il peggio

Sofia Esposito

Tariffe ufficiali e tariffe effettive

Il recente accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti ha fissato, sulla carta, un tetto massimo del 15% per la maggior parte delle esportazioni europee, inclusi comparti di grande rilievo come automotive, farmaceutica e semiconduttori. Tuttavia, la realtà operativa appare molto diversa. Washington ha infatti esteso il dazio del 50% su acciaio e alluminio a tutti i prodotti che incorporano questi materiali. Ciò significa che macchinari, motocicli, pompe industriali, condizionatori ed elettrodomestici finiscono per subire un carico tariffario ben più pesante di quanto dichiarato ufficialmente.

Reazioni del settore industriale

Le imprese metalmeccaniche europee e italiane hanno segnalato un grave rischio competitivo. L’applicazione dei dazi nascosti porta a un’erosione della marginalità e a una riduzione della competitività negli Stati Uniti, mercato strategico per l’export. La German Mechanical Engineering Industry Association ha rilanciato le preoccupazioni, mentre voci di rilievo come Emma Marcegaglia, già presidente di Confindustria, hanno sottolineato come prodotti chiave, tra cui trattori e moto, possano arrivare a pagare aliquote effettive del 18-25%, ben oltre i valori concordati.

Precedenti e rischi di deviazione dei flussi

La memoria del 2018 pesa ancora sul comparto europeo: l’introduzione di dazi al 25% su acciaio e alluminio provocò un rapido crollo delle esportazioni europee e italiane negli USA. Oggi, con la pressione tariffaria generalizzata, si paventa un effetto collaterale rilevante: i 30 milioni di tonnellate di acciaio provenienti da Cina, Corea, Malesia e India, colpite da tariffe pesanti negli Stati Uniti, potrebbero riversarsi sul mercato europeo, generando un eccesso di offerta e destabilizzando i prezzi interni.

La battaglia legale negli Stati Uniti

Il governo guidato da Donald Trump ha chiesto alla Corte Suprema di pronunciarsi in tempi rapidi sulla legittimità delle misure tariffarie. Una sentenza sfavorevole obbligherebbe l’amministrazione a rimborsare circa la metà dei dazi già riscossi, stimati tra 750 miliardi e 1.000 miliardi di dollari entro la metà del 2026. Il segretario al Tesoro Scott Bessent ha avvertito che un tale scenario provocherebbe danni enormi alle casse federali. Nel frattempo, la Casa Bianca valuta strumenti alternativi, come l’applicazione della Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, che consente l’imposizione di dazi in nome della sicurezza nazionale.

Nuova geografia dei dazi americani

Oltre al 50% su acciaio e alluminio, Washington ha costruito una rete tariffaria estremamente complessa. Dal 5 aprile, è stato imposto un dazio minimo del 10% sulle importazioni da Paesi privi di accordi specifici, con punte del 46% sul Vietnam e del 49% sulla Cambogia. La Cina affronta aliquote tra il 30% e il 34%, con picchi oltre il 100% in alcuni comparti. L’India paga il 50%, sommando tariffe reciproche e penalità per l’acquisto di petrolio russo. In Europa, alcuni prodotti come il vino e gli alcolici restano colpiti da un’aliquota del 15%, mentre sulle automobili il dazio è sceso dal 27,5% al 15% ad agosto.

Impatto sul commercio globale e sulla logistica

Un’altra conseguenza significativa riguarda la logistica internazionale. La decisione della Casa Bianca di abolire la cosiddetta esenzione “de minimis” per beni di valore pari o inferiore a 800 dollari ha paralizzato il traffico postale verso gli Stati Uniti. Secondo l’Unione postale universale, le spedizioni si sono ridotte di oltre l’80%. In pochi giorni, circa 90 operatori postali hanno interrotto o drasticamente ridotto i flussi diretti oltreoceano, bloccando l’approvvigionamento di migliaia di piccole forniture destinate al mercato americano.