Dazi Usa, imprese sotto pressione tra scorte e prezzi

Giulia Conti

Effetto boomerang delle tariffe commerciali

Le politiche tariffarie volute dalla Casa Bianca, nate per rafforzare la produzione interna, si stanno rivelando un boomerang per le aziende americane. I dazi elevati su diverse categorie di importazioni, in particolare sul rame e sui prodotti provenienti dall’India, hanno creato forti difficoltà gestionali. Il caso della Thompson Traders, azienda che importa vasche da bagno in rame, mette in luce come l’incertezza sui prezzi e la difficoltà nel trasferire i maggiori costi ai consumatori stiano destabilizzando l’intero comparto.

Prezzi incerti e consumatori diffidenti

Determinare un nuovo prezzo di vendita non è un’operazione immediata. I grandi distributori statunitensi, tra cui Lowe’s e Home Depot, mostrano resistenza di fronte a rialzi diffusi, temendo di allontanare clienti già colpiti dall’inflazione. In alcuni casi sono stati autorizzati incrementi del 4-5% su articoli specifici, come i lavelli in ceramica importati dalla Turchia, ma non su tutti i prodotti. Le incertezze pesano anche sui consumatori, che guardano con sospetto ulteriori rincari in un contesto di aumento diffuso dei prezzi.

Scorte esaurite e produzione bloccata

Le imprese che avevano messo da parte scorte in anticipo rispetto all’introduzione dei dazi stanno rapidamente terminando le riserve, trovandosi ora davanti a decisioni complesse. Un’indagine della Federal Reserve di Richmond rivela che circa il 38% delle aziende non ha alcuna sicurezza sui prezzi da praticare nei prossimi mesi, mentre quasi il 60% dichiara di non avere stime affidabili sui costi delle materie prime entro la fine dell’anno. Questa instabilità obbliga realtà come la Thompson Traders a sospendere spedizioni già pronte, come nel caso delle 50 vasche di rame bloccate in India.

Pressioni sui fornitori e margini ridotti

I distributori temono che la moltiplicazione delle richieste di rialzo avanzate dai fornitori inneschi un circolo vizioso, con prezzi sempre più elevati che spingerebbero l’inflazione verso l’alto e deprimerebbero ulteriormente i consumi. Dal canto loro, le aziende non riescono più ad assorbire l’impatto di tasse a due cifre sulle importazioni. Se i margini continueranno a ridursi, non sono esclusi tagli a marketing, stipendi dei dirigenti e altre spese operative, scelte drastiche ma inevitabili per mantenere la sostenibilità dei bilanci.

Produzione interna, un obiettivo irraggiungibile

Il paradosso più evidente riguarda la strategia del “buy American”. Alcuni imprenditori hanno valutato la possibilità di spostare parte della produzione negli Stati Uniti, ma i costi e la complessità si sono rivelati ostacoli insormontabili. La Thompson Traders, ad esempio, si rifornisce da artigiani in Messico con una tradizione secolare nella lavorazione del rame e dell’ottone. Ricreare una filiera simile sul territorio americano richiederebbe investimenti enormi, fuori dalla portata di piccole e medie imprese.