Dazi Usa-Ue: ridotta l’incertezza, ora serve diversificare

Francesca Vitali

Accordo con gli Stati Uniti e impatto sui mercati

L’intesa tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi al 15% segna la fine di una lunga fase di incertezza che ha pesato su imprese e mercati. Dopo l’accordo tra Washington e Tokyo, un esito diverso appariva improbabile, e la conferma dell’intesa ha contribuito a stabilizzare le aspettative economiche. Il commercio bilaterale transatlantico, pur caratterizzato da frizioni negli ultimi mesi, ritrova così un quadro più prevedibile, favorendo la pianificazione strategica delle aziende esportatrici.

Concessioni e contropartite negoziali

Gli Stati Uniti avevano inizialmente richiesto maggiore apertura del mercato europeo nei settori digitali e una riduzione delle barriere regolamentari e fiscali, condizioni difficili da accettare per Bruxelles. La soluzione è stata individuata attraverso accordi energetici e investimenti europei in territorio statunitense per un valore stimato di 600 miliardi di euro, misure che rafforzano i legami industriali e garantiscono l’accesso reciproco ai mercati. Le importazioni di GNL americano, già previste in precedenti intese, restano centrali ma pongono interrogativi sui costi effettivi per l’Europa.

Effetti su imprese e cambio valutario

Le tariffe al 15% non sono trascurabili e rischiano di sommarsi all’impatto della svalutazione del dollaro, sceso del 12% in un anno. Le proiezioni indicano un possibile ulteriore calo, legato a una politica monetaria più espansiva della Federal Reserve. Per le imprese esportatrici europee, ciò significa affrontare margini ridotti e prezzi meno competitivi sul mercato statunitense, rendendo necessarie strategie di adattamento più mirate e resilienti.

Necessità di diversificare l’export

Di fronte a queste dinamiche, la priorità diventa ampliare la presenza in mercati alternativi, riducendo la dipendenza dal canale statunitense. Strumenti come voucher per la partecipazione a fiere internazionali e il supporto di export manager specializzati possono rappresentare leve cruciali per le piccole e medie imprese. Allo stesso tempo, per il mercato americano, molte aziende potrebbero optare per una produzione locale diretta, mitigando così gli effetti combinati di dazi e fluttuazioni valutarie.

Sfida del rafforzamento dell’euro

L’evoluzione del cambio rappresenta un ulteriore elemento critico. Politiche economiche divergenti tra Stati Uniti ed Europa potrebbero portare l’euro verso quota 1,40, penalizzando ulteriormente le esportazioni. In questo scenario, l’Unione Europea è chiamata a ridurre la sua storica dipendenza dall’export come motore di crescita, puntando su riforme strutturali interne e su investimenti mirati per rafforzare la competitività e la domanda interna, secondo le linee indicate nelle principali agende economiche europee.