Una svolta dopo nove mesi di immobilità
Dopo una pausa durata nove mesi, la Federal Reserve ha scelto di abbassare i tassi di interesse di 25 punti base, riportandoli nel nuovo intervallo compreso tra 4% e 4,25%. Si tratta della prima riduzione dal dicembre 2024, segnale che l’istituto guidato da Jerome Powell ha deciso di reagire ai segnali di rallentamento dell’economia statunitense. Il percorso non si ferma qui: sono già stati annunciati ulteriori due interventi di taglio entro la fine del 2025, con l’obiettivo di arrivare a una forchetta compresa tra 3,50% e 3,75%.
Motivazioni della decisione della Fed
La scelta di allentare la politica monetaria è stata giustificata da due fattori principali: da un lato, la decelerazione della crescita economica interna, dall’altro un indebolimento del mercato del lavoro, con una crescita occupazionale meno dinamica e un tasso di disoccupazione in lieve aumento. A ciò si aggiunge la fase di rallentamento dell’inflazione core, che pur rimanendo superiore al target del 2%, mostra segnali di attenuazione. Powell ha evidenziato la necessità di prevenire scenari di recessione e di sostenere la domanda interna prima che il ciclo economico entri in una fase critica.
Reazioni dei mercati e contesto internazionale
La decisione è stata accolta positivamente dai mercati finanziari globali, anche se permangono elementi di cautela. L’inflazione statunitense resta elevata e continua a risentire dell’impatto dei dazi commerciali, che hanno alimentato i prezzi di numerosi beni di consumo. L’approccio della Fed rimane quindi prudente e graduale: intervenire troppo rapidamente potrebbe alimentare squilibri, mentre agire troppo tardi esporrebbe l’economia al rischio di contrazione.
Sul fronte europeo, la Banca Centrale Europea ha confermato i tassi al 2% per la seconda riunione consecutiva. Nell’area euro, l’inflazione è stabile al 2% da tre mesi e la disoccupazione a luglio è scesa al 6,2%, il livello più basso dell’anno. Questa differenza di politiche tra le due sponde dell’Atlantico sarà un punto di osservazione importante nei prossimi mesi, poiché un eccessivo divario nei tassi potrebbe avere effetti sul cambio euro-dollaro e quindi sull’inflazione importata.
Quali effetti concreti per i mutui
Per i cittadini europei, l’impatto diretto del taglio operato dalla Fed sarà limitato. Tuttavia, l’orientamento della banca centrale americana può influenzare indirettamente anche il mercato dei mutui in Italia e in Europa. Un contesto di riduzione dei tassi negli Stati Uniti potrebbe spingere la BCE a valutare mosse simili, per evitare squilibri nei flussi di capitale e nel tasso di cambio. In questo scenario, i mutui a tasso variabile potrebbero beneficiare nel medio periodo di un calo dei costi, mentre quelli a tasso fisso resterebbero più stabili, ma comunque soggetti all’andamento generale dei mercati finanziari.
Prospettive fino alla fine del 2025
Il percorso delineato dalla Federal Reserve indica un obiettivo chiaro: arrivare a fine anno con tassi più bassi, sostenendo consumi e investimenti in una fase di incertezza globale. Tuttavia, restano variabili importanti da monitorare: l’andamento dell’inflazione residua, l’evoluzione delle tensioni geopolitiche e il comportamento del mercato del lavoro statunitense. Per i risparmiatori e per chi ha un mutuo, sarà fondamentale osservare l’interazione tra le scelte della Fed e quelle della BCE, poiché da esse dipenderanno i costi del credito e le opportunità di investimento nei prossimi mesi.