Manovra economica: tra rigore fiscale e rilancio dell’Irpef

Lorenzo Bianchi

Un equilibrio difficile tra crescita e disciplina di bilancio

La nuova manovra finanziaria 2026 cerca di conciliare due obiettivi complessi: garantire il risanamento dei conti pubblici e allo stesso tempo sostenere famiglie e imprese in difficoltà. All’interno della maggioranza di governo emergono differenze di approccio. Fratelli d’Italia e Forza Italia puntano su una linea prudente, orientata al controllo della spesa e a una riduzione selettiva dell’Irpef, mentre la Lega spinge per una nuova pace fiscale attraverso la rottamazione Quinquies.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si trova al centro di questo equilibrio: il suo obiettivo è promuovere la crescita senza compromettere la stabilità. La sfida è doppia — da un lato aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori, dall’altro agevolare il rientro delle piccole e medie imprese schiacciate dai debiti accumulati durante la crisi post-pandemia.

La rottamazione Quinquies: nuova formula per vecchi debiti

Uno dei capitoli centrali della manovra riguarda la rottamazione Quinquies, misura che mira a recuperare fino a 100 miliardi di euro di crediti fiscali ancora esigibili. Il meccanismo, tuttavia, è stato riprogettato per evitare gli errori delle precedenti edizioni, che avevano prodotto incassi per appena 38 miliardi su oltre 112 miliardi attesi.

La novità principale è l’introduzione di una prima rata simbolica del 5%, pensata come filtro per valutare l’affidabilità dei contribuenti. Seguiranno pagamenti distribuiti in 96 o 108 rate — pari a otto o nove anni — con importi minimi da 50 euro. L’obiettivo è offrire una via sostenibile a chi ha debiti di importo ridotto, permettendo di chiudere le pendenze in tempi ragionevoli.

È in fase di sviluppo anche un algoritmo di calcolo automatico delle rate, capace di adattare gli importi in base alla situazione economica del debitore. La misura, pur criticata dagli organismi di vigilanza come l’Ufficio parlamentare di bilancio e la Banca d’Italia per la sua natura “una tantum”, rappresenta un tentativo concreto di bilanciare rigore e flessibilità fiscale.

La sfida dell’equità e il rischio dei “recidivi”

Resta aperta la questione dell’equità. Il governo dovrà distinguere tra i contribuenti in difficoltà reale e i cosiddetti recidivi, ossia coloro che in passato hanno aderito a precedenti rottamazioni solo per sospendere le procedure di riscossione o ottenere un Durc regolare utile per partecipare ad appalti pubblici.

Secondo i dati del Ministero dell’Economia, oltre 7 milioni di contribuenti risultano coinvolti in forme di indebitamento cronico. Escludere in blocco questi soggetti potrebbe sollevare dubbi di costituzionalità, ma una selezione basata sulla condotta pregressa e sul rispetto delle rate potrebbe evitare nuovi abusi.

Il governo valuta quindi soluzioni intermedie, come subordinare la validità del Durc al pagamento delle rate dovute o destinare i crediti vantati dalle imprese direttamente al saldo dei debiti fiscali, riducendo così l’esposizione e accelerando la regolarizzazione.

Taglio dell’Irpef: vantaggi e limiti della misura

Parallelamente alla riforma delle cartelle, il governo conferma l’intenzione di procedere con un taglio di due punti percentuali dell’aliquota Irpef per i redditi fino a 50.000 euro, portandola dal 35% al 33%.
L’impatto economico per i cittadini sarà modesto ma simbolicamente importante:

  • circa 36 euro l’anno per chi guadagna 28.000 euro;
  • circa 100 euro per chi ne percepisce 37.000;
  • fino a 440 euro per i redditi da 50.000 euro.

Forza Italia propone di ampliare la soglia a 60.000 euro, misura che costerebbe allo Stato circa 5 miliardi di euro ma che garantirebbe benefici più tangibili: un lavoratore con reddito annuo di 56.000 euro risparmierebbe 1.000 euro, mentre chi percepisce 60.000 euro otterrebbe fino a 1.440 euro.
Secondo la Fondazione nazionale dei commercialisti, la misura coinvolgerebbe 12,6 milioni di contribuenti, pari al 31% della platea complessiva, che attualmente versano il 78,6% dell’imposta netta totale.

Le coperture e il nodo delle entrate

Il finanziamento della manovra resta il punto più delicato. Le risorse disponibili ammontano a circa 1 miliardo di euro, cui potrebbero aggiungersi due o tre miliardi provenienti dalla tassa sugli extraprofitti bancari e un ulteriore gettito derivante dalla rottamazione Quater.
Se la nuova edizione della rottamazione dovesse funzionare a pieno regime, il recupero di parte dei 100 miliardi teoricamente esigibili potrebbe consentire di sostenere il costo complessivo della riduzione dell’Irpef e, al contempo, garantire una maggiore stabilità ai conti pubblici.

Tuttavia, analisti e istituzioni restano prudenti. Le misure straordinarie come le rottamazioni producono effetti immediati ma non strutturali, rendendo difficile prevedere un impatto duraturo sulle entrate fiscali. L’efficacia dipenderà quindi dalla capacità dello Stato di incassare realmente le somme dovute, evitando nuovi slittamenti.

Due visioni per una stessa manovra

La legge di bilancio in discussione rispecchia una duplice filosofia politica: quella del rigore responsabile, sostenuta da Fratelli d’Italia e Forza Italia, e quella della flessibilità fiscale, promossa dalla Lega.
Il ministro Giorgetti cerca di conciliare le due anime attraverso un approccio pragmatico, basato su incentivi mirati e sul graduale alleggerimento del carico tributario.
L’obiettivo è mantenere l’equilibrio tra sostenibilità dei conti pubblici e rilancio della crescita, un compito reso ancora più complesso dal contesto economico globale, dalle tensioni sui mercati e dalle esigenze di famiglie e imprese italiane in cerca di sollievo.