Tagli dei tassi in Svizzera e Norvegia evidenziano il divario globale

L’Europa vira verso l’allentamento, mentre la Fed resta cauta

Le banche centrali di Svizzera e Norvegia hanno tagliato i tassi d’interesse giovedì, segnalando un cambio di rotta dovuto al calo dell’inflazione e a una prospettiva di crescita più debole. La Banca nazionale svizzera ha ridotto il tasso chiave di 25 punti base portandolo a zero, aprendo alla possibilità di un ritorno a tassi negativi. Anche la Norges Bank ha sorpreso con un taglio di 25 punti base, prevedendo ulteriori riduzioni dopo che l’inflazione è scesa al 2,8% a maggio.

“Ci aspettiamo ora un’inflazione più bassa rispetto alle stime precedenti,” ha dichiarato la governatrice Ida Wolden Bache, segnalando un tono più accomodante anche da parte di una delle banche più rigorose d’Europa. La decisione si allinea con quella della Sveriges Riksbank, che mercoledì ha abbassato i tassi e indicato ulteriori tagli entro fine anno.

La Fed mantiene i tassi fermi tra timori di inflazione e dazi

In netto contrasto, la Federal Reserve statunitense ha lasciato i tassi invariati, esprimendo preoccupazione per i rischi inflazionistici legati all’inasprimento dei dazi annunciato dal presidente Donald Trump. Il presidente Jerome Powell ha avvertito che l’aumento dei costi di importazione potrebbe alimentare l’inflazione e frenare la crescita globale. “I dazi finiranno per riflettersi sui prezzi al consumo,” ha dichiarato Powell in conferenza stampa.

La Fed prevede una crescita del PIL USA dell’1,4% nel 2025, con disoccupazione al 4,5% e inflazione al 3% — ben oltre i livelli attuali. Pur lasciando aperta la possibilità di tagli nel 2025, Powell ha ribadito che l’outlook resta incerto e dipendente dai dati. Trump ha criticato duramente il banchiere centrale su Truth Social, affermando: “Dovremmo essere più bassi di 2,5 punti percentuali.”

Scenari divergenti tra geopolitica e inflazione

La Banca centrale europea ha già tagliato i tassi otto volte nell’ultimo anno e potrebbe sospendere l’allentamento a luglio, dopo che l’inflazione si è stabilizzata al 2%. La Bank of England ha mantenuto i tassi invariati ma ha lasciato intendere un “percorso graduale al ribasso” in un contesto globale instabile.

Anche la Bank of Japan ha confermato il suo orientamento ultra-espansivo, citando rischi al ribasso legati ai dazi USA e alla domanda globale debole. Il governatore Kazuo Ueda ha dichiarato che l’istituto agirà con cautela, considerando i segnali di rallentamento tra i principali partner commerciali.

La strategia commerciale di Trump complica le scelte monetarie

Con Trump pronto a raddoppiare alcuni dazi entro il 9 luglio in assenza di nuovi accordi, le banche centrali si trovano a bilanciare i rischi inflazionistici per gli USA con quelli deflazionistici per Europa e Asia. I consumatori americani affrontano costi più alti, mentre le economie estere temono cali dell’export e tagli occupazionali.

Il divario evidenzia un sistema monetario sempre più frammentato, dove tensioni geopolitiche e volatilità commerciale ridefiniscono i percorsi dell’inflazione. Il futuro delle politiche globali dipenderà in gran parte dall’evoluzione della strategia tariffaria americana e dall’andamento dei prezzi energetici in un Medio Oriente instabile.