Pensione a 64 anni: il nuovo ruolo dei fondi integrativi

Francesca Vitali

Previdenza complementare ancora poco diffusa

In Italia la previdenza integrativa fatica a imporsi come strumento di massa. Secondo i dati della Covip, solo il 38,3% dei lavoratori ha aderito a un fondo pensione e appena il 27,6% versa regolarmente il Tfr o contributi volontari. Una percentuale ancora limitata, nonostante le agevolazioni fiscali e gli incentivi già in vigore. Con la Legge di Bilancio 2025, però, è stato introdotto un meccanismo che rafforza il legame tra pensione pubblica e fondi privati, offrendo la possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro.

Anticipo possibile con i fondi pensione

Dal 2012 esiste la pensione anticipata contributiva, che consente di ritirarsi a 64 anni anziché a 67, a patto di avere almeno 20 anni di contributi. La novità è che dal 2025 si potranno includere anche le somme accumulate nei fondi pensione per raggiungere la soglia minima richiesta dall’Inps. Questo apre la strada a chi ha carriere frammentate o redditi bassi, che difficilmente riuscirebbero a soddisfare il requisito basandosi esclusivamente sulla contribuzione obbligatoria.

Tfr come risorsa per i dipendenti

Per i lavoratori dipendenti il Trattamento di fine rapporto rappresenta una leva strategica. Destinando il Tfr a un fondo pensione, il capitale non resta fermo in azienda ma viene investito, accrescendo il montante nel tempo. In alcuni casi, per i più giovani, l’accantonamento del solo Tfr può risultare sufficiente a costruire una rendita che consente di anticipare l’età di pensionamento. La scelta del comparto di investimento diventa quindi cruciale per massimizzare il rendimento.

Agevolazioni per le lavoratrici

Le donne, spesso penalizzate da stipendi più bassi e interruzioni di carriera legate alla maternità, avranno requisiti meno stringenti. La Legge di Bilancio 2025 ha previsto una soglia ridotta di pensione anticipata contributiva per le lavoratrici con figli, sia dipendenti sia autonome. Si tratta di un correttivo che intende rendere la previdenza complementare uno strumento più accessibile e utile, in particolare per le madri lavoratrici.

Quanto bisogna accantonare

Le simulazioni mostrano differenze significative in base all’età e alla tipologia di lavoratore. Un dipendente quarantenne che investe in una linea azionaria potrebbe raggiungere l’obiettivo con circa 58 euro al mese, mentre un cinquantenne con profilo più prudente arriverebbe a 568 euro mensili. Per gli autonomi, privi di Tfr, le cifre richieste sono più alte: 69 euro al mese per un trentenne, 157 euro per un quarantenne e fino a 480 euro per un cinquantenne. Le donne autonome beneficiano di soglie più basse: una trentenne può partire da 22 euro al mese, una cinquantenne arriva a 219 euro.

Un’opportunità per anticipare l’uscita

Con la nuova normativa, i fondi pensione assumono un ruolo decisivo anche per l’età di pensionamento. Non si tratta solo di integrare l’assegno pubblico, ma di poter contare su una leva concreta per lasciare il lavoro prima dei 67 anni. L’efficacia dello strumento dipende da fattori personali come reddito, età, regolarità dei versamenti e capacità di risparmio, ma la riforma segna un passo importante verso un sistema più flessibile.