La richiesta di maggiore indipendenza gestionale
Le principali Casse di previdenza dei professionisti tornano a chiedere più autonomia nelle scelte di investimento, dopo aver sostenuto operazioni finanziarie strategiche come quella che ha visto protagonisti Mps e Mediobanca. Realtà come Enpam, Cassa Forense ed Enasarco, che da sole rappresentano circa il 50% del patrimonio complessivo del sistema pari a 124,7 miliardi di euro nel 2024, rivendicano il diritto a gestire le proprie risorse senza vincoli eccessivi. La sensazione, però, è che il rapporto con l’esecutivo si stia trasformando in un confronto a tratti aspro.
Il decreto sugli investimenti e le prime reazioni
A creare frizioni è stata la bozza di decreto predisposta dal sottosegretario al Mef, Federico Freni, che introduce limiti e paletti rigidi alle politiche di investimento degli enti previdenziali. Una proposta accolta con freddezza dalle Casse, che speravano in un provvedimento capace di consolidarne l’autonomia. Solo l’intervento del Ministero del Lavoro, guidato da Marina Calderone, ha permesso di riaprire il dialogo, rallentando il percorso normativo e garantendo un tavolo di confronto tecnico.
Una lunga storia di crescita patrimoniale
Gli enti previdenziali, che tutelano circa 1,6 milioni di professionisti tra medici, avvocati, ingegneri, biologi e commercialisti, sottolineano i risultati ottenuti nell’ultimo quindicennio. Dal 2009 al 2024 il patrimonio complessivo è passato da 55,7 miliardi a 124,7 miliardi, dimostrando capacità di gestione e rendimento. Attualmente il 38% delle risorse è già investito in Italia, tra titoli di Stato, economia reale e sistema bancario. Proprio questi risultati vengono addotti come prova della sostenibilità di una gestione indipendente e competente.
Le critiche della Commissione di vigilanza
La posizione delle Casse si scontra con le valutazioni della Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali, presieduta da Alberto Bagnai. Nelle settimane precedenti, la Commissione aveva evidenziato la necessità di introdurre regole più severe per migliorare la governance e ridurre l’eccessiva omogeneità nelle politiche di investimento. Un giudizio severo che ha rafforzato l’idea di un approccio più centralizzato, in linea con la linea tracciata da alcuni esponenti della maggioranza.
Il futuro tra dialogo e centralismo
Il percorso del decreto ministeriale, atteso dal lontano 2011, riapre dunque un tema che si trascina da oltre un decennio: fino a che punto lo Stato può indirizzare l’uso delle risorse delle Casse? La risposta non è univoca. Per alcuni si tratta di un necessario riequilibrio in favore della trasparenza e della professionalità gestionale; per altri è il segnale di un ritorno al centralismo statale che rischia di ridurre la capacità delle Casse di contribuire in modo dinamico al sistema Paese. Le prospettive restano incerte e il confronto potrebbe protrarsi fino al 2026.