Crisi di Hormuz: carburanti alle stelle in Italia

Il timore sullo stretto fa schizzare i prezzi

La tensione nello stretto di Hormuz, punto strategico del commercio energetico globale, ha riportato l’instabilità sui mercati petroliferi. Nonostante l’annuncio di una tregua tra Iran e Israele promosso da Donald Trump, il rischio che il passaggio venga bloccato rimane. Attraverso Hormuz transitano ogni giorno 20 milioni di barili di petrolio e circa un terzo del gas liquefatto mondiale. I rincari hanno subito impattato sui listini carburanti italiani, tanto da spingere il Garante per la sorveglianza dei prezzi a convocare la Commissione di allerta rapida.

Prezzi alla pompa in forte aumento

I rialzi del greggio registrati la scorsa settimana, nonostante il recente calo delle quotazioni, hanno già raggiunto le stazioni di servizio. La benzina self è salita a 1,748 €/l e il diesel self a 1,670 €/l. Le versioni servito arrivano rispettivamente a 1,886 €/l e 1,806 €/l. Sulle autostrade si superano anche i 2,3 €/l per la benzina. Secondo il Codacons, i rincari equivalgono a circa 2 euro in più per un pieno in appena una settimana. Anche le bollette energetiche rischiano nuove impennate, come già accaduto con la guerra in Ucraina.

Speculazione o fluttuazione? Le versioni a confronto

Le associazioni dei consumatori denunciano speculazioni ingiustificate. Tuttavia, Assopetroli ribatte che si tratta di “polemiche infondate” e che il mercato dei carburanti è liberalizzato da oltre dieci anni. Ogni impianto stabilisce i propri prezzi e la variabilità può superare i 25 centesimi al litro. Non esistono tetti imposti né controlli diretti da parte delle istituzioni. Ma con i prezzi in salita e i margini crescenti per alcuni operatori, i dubbi restano.

Rischi futuri: cosa accadrebbe con un blocco reale

Secondo gli analisti, un blocco effettivo dello stretto di Hormuz farebbe volare il greggio fino a 100 dollari al barile, con conseguenze devastanti per i mercati globali. L’area rappresenta il 27% del traffico marittimo energetico mondiale. Un’esplosione a Bandar Abbas a fine aprile, con 46 morti, ha già mostrato la fragilità dell’area. Per l’Italia, Confartigianato calcola che dallo stretto transiti il 14,2% dei beni energetici importati, pari a 9,6 miliardi di euro. I principali fornitori sono Arabia Saudita, Emirati, Iraq, Kuwait e Qatar.

La “sindrome di Hormuz” alimenta nuove turbolenze sui mercati energetici. Anche in assenza di un blocco formale, l’effetto annuncio è sufficiente a innescare rincari immediati, con ricadute su carburanti e bollette. Il governo monitora e cerca di prevenire speculazioni, ma finché lo stretto resterà instabile, l’Italia resterà esposta. Le conseguenze si misurano già oggi nelle tasche di famiglie e imprese.