La posizione dell’Autorità di vigilanza e il nodo delle prove
Un documento della divisione vigilanza emittenti della Consob, datato 15 settembre, ha contribuito a rimescolare le carte nell’indagine sulla presunta azione coordinata tra Delfin, Caltagirone e i vertici di MPS in relazione alla scalata a Mediobanca. L’Autorità, dopo mesi di verifiche, ha concluso che non esistono elementi sufficienti per affermare l’esistenza di un patto occulto o di comportamenti in concerto.
Il documento, trasmesso alla Procura di Milano come previsto dalle procedure regolamentari, esprime l’assenza di indizi gravi e univoci tali da configurare un accordo vincolante o tacito tra gli attori coinvolti, elemento necessario per ipotizzare un obbligo di offerta pubblica su Mediobanca o su MPS.
Queste valutazioni, pur non mettendo fine al procedimento penale, introducono elementi di forte criticità nell’impianto accusatorio e accentuano le domande sul motivo per cui l’inchiesta sia proseguita nonostante un parere così netto da parte dell’Autorità di vigilanza.
Effetti della riforma Cartabia e requisiti probatori più stringenti
Il tema delle prove è centrale, soprattutto alla luce dei cambiamenti introdotti dalla riforma Cartabia, che ha ristretto il margine operativo delle procure nei reati finanziari. Per fattispecie come l’insider trading, oggi non è più sufficiente la presenza di indizi frammentari o semplici coincidenze operative.
Le nuove norme richiedono evidenze dirette, coerenti e verificabili, tali da consentire una ragionevole previsione di condanna già nelle fasi preliminari. In assenza di tali presupposti, un giudice può decidere di non procedere o di archiviare il fascicolo senza aprire il dibattimento.
È in questo contesto che la prudenza espressa dal presidente della Consob, Paolo Savona, assume rilievo. Pur riconoscendo l’esistenza di ipotesi di reato, Savona ha fatto notare che, allo stato degli atti, le condizioni probatorie richieste dalla riforma non sembrano soddisfatte. La distanza tra il quadro normativo e l’impostazione iniziale dell’indagine rappresenta uno dei motivi dell’attuale incertezza.
L’attività investigativa in corso e il problema della “smoking gun”
Nel frattempo la Guardia di Finanza, su disposizione dei pm Giovanni Polizzi e Luca Gaglio, ha effettuato perquisizioni e acquisizioni documentali alla fine di novembre. L’obiettivo: individuare eventuali prove dirette dell’accordo, finora non emerse.
Lo stesso decreto che ha autorizzato queste operazioni ammette la presenza di aspetti “opachi o contraddittori” nelle risultanze raccolte fino a quel momento, indicando la necessità di approfondire ulteriormente la posizione degli attori coinvolti. L’assenza della cosiddetta “smoking gun” rimane dunque un nodo irrisolto.
Resta anche la questione istituzionale: perché la Procura ha scelto di procedere oltre, ignorando un parere formale della Consob, che è il soggetto tecnicamente incaricato di valutare condotte di mercato e azioni di concerto? L’ipotesi di un conflitto istituzionale latente non può essere esclusa, soprattutto se la divergenza dovesse riguardare interpretazioni giuridiche più che fatti oggettivi.
Le conclusioni della Consob sul mancato concerto tra Delfin, Caltagirone e MPS
Il documento del 15 settembre fornisce una ricostruzione dettagliata delle verifiche effettuate. L’Autorità rileva che:
- le segnalazioni presentate da Mediobanca non erano supportate da evidenze documentali concrete;
- non sono stati individuati accordi scritti o verbali, né formali né informali, tra Delfin, Caltagirone e il Mef, eventualmente attuati tramite MPS;
- non è stato possibile inferire un’azione coordinata neppure attraverso elementi indiziari, come l’allineamento operativo dei soggetti coinvolti.
La Consob afferma inoltre che il primo riferimento a un progetto di integrazione con Mediobanca è stato presentato dall’amministratore delegato del Monte dei Paschi, Luigi Lovaglio, in un incontro al Mef del 16 dicembre 2022. Tale iniziativa risulta quindi precedente agli acquisti del 3,5% del capitale MPS da parte di Caltagirone e Delfin, riducendo ulteriormente la possibilità di ricondurre le operazioni di mercato a un’azione concertata.
Uno scenario ancora aperto tra istituzioni, mercato e magistratura
Il quadro complessivo mostra una situazione fluida, in cui l’attività della Procura e le valutazioni della Consob seguono direttrici non sempre convergenti. La domanda principale rimane: l’inchiesta potrà realmente individuare nuovi elementi capaci di confermare l’impianto accusatorio, oppure il fascicolo si avvierà verso una conclusione anticipata?
Le prossime analisi sui materiali acquisiti dalla Guardia di Finanza rappresentano il passaggio decisivo. Fino a quel momento, il caso resta uno dei più complessi degli ultimi anni nel rapporto tra vigilanza finanziaria, poteri investigativi e trasparenza del mercato.
