Moody’s divide Mps e Mediobanca: il rebus dei rating

Giulia Conti

La decisione inattesa dell’agenzia americana

La recente revisione dei giudizi da parte di Moody’s ha acceso i riflettori su Mps e Mediobanca, ribaltando aspettative e generando perplessità nel mercato. L’agenzia ha infatti ridotto il merito di credito di Mediobanca, portando il rating a lungo termine a Baa3, mentre quello di base è sceso a Ba1. Contemporaneamente, la stessa Moody’s ha migliorato il giudizio su Banca Monte dei Paschi di Siena, che ha visto il proprio rating salire a Baa1 da Baa2, mantenendo invariato il livello di base a Ba1.
La conseguenza diretta è un paradosso: la banca senese risulta avere oggi un profilo di credito più elevato rispetto alla storica istituzione di Piazzetta Cuccia, nonostante quest’ultima sia stata per anni considerata uno dei punti di forza del sistema finanziario italiano.

Perché la mossa crea perplessità

Il ridimensionamento del voto su Mediobanca è apparso a molti osservatori poco coerente con la sua posizione patrimoniale. La banca guidata da Alessandro Melzi d’Eril mantiene infatti indicatori solidi e un modello di business diversificato. Tuttavia, Moody’s ha motivato il declassamento con l’allineamento temporaneo al merito della nuova capogruppo, ossia Mps, salvo poi rivedere nuovamente la valutazione, premiando Siena e penalizzando Milano.
Questa scelta, definita da diversi analisti “difficile da decifrare”, rischia di alimentare incertezza proprio nel momento in cui l’istituto toscano cerca di consolidare il risultato ottenuto con l’offerta pubblica di acquisto e scambio.

Le nuove dinamiche di governance

Parallelamente alle turbolenze sui rating, procede il percorso di definizione del nuovo consiglio di amministrazione di Mediobanca, che dovrebbe comprendere undici membri. Confermati il presidente Vittorio Grilli e l’amministratore delegato Alessandro Melzi d’Eril, mentre grande attenzione è rivolta ai possibili ingressi di figure di rilievo come Tiziana Togna, già vice direttrice generale della Consob, e Ferruccio Resta, ex rettore del Politecnico di Milano.
Unico rappresentante del vecchio board a mantenere la carica sarà Sandro Panizza, mentre non dovrebbe rientrare Sabrina Pucci, vicina alla galassia Delfin. Nei piani del management, la nuova squadra punta a includere anche imprenditori di rilievo del tessuto produttivo nazionale.

Il ruolo di Minozzi e l’assenza del Tesoro

Tra i nomi che circolano per entrare nel nuovo board compare quello di Romano Minozzi, figura storica del settore ceramico, già parte del patto di consultazione di Mediobanca e tra i primi a sostenere l’asse con Siena. La sua presenza potrebbe rafforzare il legame tra la banca e il mondo industriale, aspetto considerato cruciale dall’amministratore delegato Luigi Lovaglio.
Da segnalare, invece, l’assenza del Tesoro: pur detenendo circa il 5% di Mps, il Ministero non esprimerà propri rappresentanti nel consiglio, rinunciando a una possibilità di influenza diretta sulla nuova governance.

Le prossime tappe decisive

Il cda di Mps si riunirà a breve per finalizzare la lista dei candidati da presentare all’assemblea degli azionisti. L’obiettivo è depositare i nomi entro la fine della settimana, con l’assemblea fissata per il 28 ottobre. Dalle prime indiscrezioni, la lista non dovrebbe includere professionisti strettamente legati a Siena, per garantire equilibrio tra le due realtà.
Il passaggio sarà determinante per rafforzare la credibilità della nuova struttura di gruppo, soprattutto dopo le mosse di Moody’s che hanno lasciato il mercato con più interrogativi che certezze.