Italia e Cina: il nuovo equilibrio dei rapporti bilaterali

Lorenzo Bianchi

Dall’uscita dalla Via della Seta al disimpegno graduale

L’uscita dell’Italia dalla Belt and Road Initiative (BRI) ha segnato una svolta storica nelle relazioni con la Cina, rappresentando il primo passo di un Paese del G7 verso un riorientamento strategico. La nuova linea politica, definita come disimpegno costruttivo, mira a ridurre la dipendenza da Pechino nei settori sensibili, mantenendo tuttavia canali di cooperazione selettiva. Nonostante ciò, il deficit commerciale bilaterale ha raggiunto 22,6 miliardi di euro nel primo semestre del 2025, segnalando una persistente esposizione economica.

Crescente dipendenza tecnologica e industriale

La transizione energetica italiana resta fortemente legata all’importazione di componenti cinesi: 81% dei pannelli solari e 94% delle celle per batterie LFP provengono dalla Cina. Anche nel settore digitale, il 31,7% delle unità radio per il 5G installate in Italia al secondo trimestre 2025 è di produzione cinese. Parallelamente, l’utilizzo del golden power è raddoppiato dal 2019, a testimonianza della crescente attenzione alla sicurezza industriale e alla protezione delle infrastrutture strategiche.

Reti sottomarine e vulnerabilità infrastrutturali

L’Italia è un hub cruciale per 23 cavi sottomarini attivi, ma il 74% di queste infrastrutture rimane fuori dal perimetro regolamentato di sicurezza informatica. Il Paese ospita oltre 255.000 km di fibra ottica, ma non ha ancora presentato alla UE la revisione prevista dal Piano per la sicurezza dei cavi. I controlli sui cavi sottomarini coprono solo il 3,6%, ben al di sotto della media europea dell’11,9%, evidenziando la necessità di investimenti più consistenti in sorveglianza e rilevamento tecnologico.

La strategia del governo Meloni

L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha adottato un approccio su tre fronti: cooperazione mirata con la Cina in settori come cultura e alimentazione, contenimento attraverso screening degli investimenti e golden power, e deterrenza con un rafforzamento della sicurezza informatica e delle relazioni parlamentari internazionali. Nel 2024, la firma del Piano d’Azione Italia-Cina 2024-2027 ha definito aree di collaborazione limitate a commercio, finanza, ricerca, transizione verde, sanità e scambi culturali, escludendo le infrastrutture tipiche della BRI.

Energia e tecnologie verdi sotto osservazione

Il sistema energetico italiano mostra un’elevata dipendenza dai fornitori cinesi: 81,6% dei pannelli fotovoltaici installati nei primi cinque mesi del 2025 proveniva da tre produttori cinesi, per un valore di 2,11 miliardi di euro. Inoltre, l’89,4% delle turbine eoliche di nuova installazione in regioni come Sicilia e Puglia era di fabbricazione cinese. Nel settore delle batterie, il 94,8% delle celle importate proviene dalla Cina, con progetti di accumulo energetico in Lombardia ed Emilia-Romagna che dipendono quasi interamente da tecnologie cinesi.

Commercio, porti e deficit strutturale

Il deficit commerciale è stato aggravato da un incremento del 42,1% nelle importazioni di pannelli solari e del 33,6% nelle batterie agli ioni di litio. Le esportazioni italiane verso la Cina, invece, sono scese del 5,8% a 6,21 miliardi di euro, penalizzando meccanica e moda. Nel settore portuale, la compagnia cinese Cosco Shipping Lines controlla il 40% del terminal di Gioia Tauro, che ha movimentato 1,46 milioni di TEU nel primo semestre 2025, ma con ispezioni doganali reali limitate al 3,6%.

Sicurezza digitale e sostituzione dei fornitori

Nel campo delle telecomunicazioni, il Decreto Sicurezza delle Reti approvato nell’aprile 2025 ha fissato al dicembre 2028 la scadenza per rimuovere componenti extra-UE dal core delle reti italiane. Tuttavia, secondo l’AgID, al secondo trimestre 2025 molte infrastrutture urbane utilizzano ancora configurazioni ibride con componenti cinesi. L’ENISA ha sollecitato un’accelerazione nell’adozione di alternative europee, per ridurre la dipendenza tecnica da fornitori considerati a rischio.