Lo sceicco Mansour: potere, ricchezza e influenza globale

Francesca Vitali

Dal vertice di Sharm al clamore mediatico

Durante il recente vertice internazionale sulla pace in Medio Oriente, svoltosi a Sharm el-Sheikh, un momento di leggerezza ha catalizzato l’attenzione dei media di tutto il mondo. Una battuta del presidente statunitense Donald Trump, pronunciata davanti alle telecamere e indirizzata allo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan, ha acceso i riflettori su una delle figure più potenti e riservate della regione del Golfo.
La scena, immortalata dai fotografi, ha trasformato un incontro diplomatico in un episodio virale e ha riportato sotto i riflettori l’enorme influenza del vicepresidente degli Emirati Arabi Uniti, non solo nella politica interna, ma anche nell’economia globale e nello sport internazionale.

Il profilo politico di un protagonista emiratino

Mansour bin Zayed Al Nahyan, fratello del presidente Mohammed bin Zayed Al Nahyan, è tra i principali esponenti della famiglia regnante di Abu Dhabi. Nato nel 1970, occupa ruoli chiave nel governo federale: è vicepresidente e vice primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, oltre a presiedere il Presidential Court, l’organo che coordina le attività istituzionali del Paese.
La sua carriera politica è caratterizzata da una gestione pragmatica e da una visione strategica orientata allo sviluppo economico e tecnologico. Mansour è anche a capo del Tawazun Council, l’ente che guida i programmi di difesa e di innovazione industriale per il periodo 2025–2028, con l’obiettivo di rendere il Paese sempre più autosufficiente sul piano militare e tecnologico.

Parallelamente, promuove l’iniziativa nazionale “Year of Community”, volta a rafforzare la coesione sociale e il senso civico negli Emirati, consolidando l’immagine del Paese come modello di stabilità e modernità nel mondo arabo.

Un impero finanziario che spazia in ogni settore

Oltre alla politica, Sheikh Mansour è un nome di assoluto rilievo nella finanza internazionale. È presidente dell’Abu Dhabi Fund for Development, un organismo che finanzia progetti infrastrutturali e di sostenibilità nei Paesi emergenti, gestendo investimenti per miliardi di dollari.
Il suo patrimonio personale è stimato in oltre 40 miliardi di dollari, un valore che lo colloca tra i leader più ricchi del pianeta. A livello imprenditoriale, la sua influenza si estende al settore energetico, tecnologico e immobiliare, con partecipazioni in numerose società strategiche legate al gruppo Mubadala Investment Company e ad altre holding sovrane dell’Emirato.

Mansour è anche un convinto sostenitore della diversificazione economica, pilastro della visione “Abu Dhabi Vision 2030”, che mira a ridurre la dipendenza nazionale dal petrolio e ad ampliare gli investimenti in energia pulita, intelligenza artificiale e finanza verde.

Dagli stadi al lusso: l’impero sportivo e patrimoniale

Il nome di Sheikh Mansour è noto anche al di fuori del mondo politico per il suo ruolo di proprietario del Manchester City, attraverso il City Football Group, una delle strutture sportive più influenti al mondo. Sotto la sua guida, il club inglese ha conquistato numerosi titoli nazionali e internazionali, diventando il simbolo del modello di gestione emiratino nel calcio globale.
Il gruppo controlla inoltre diverse squadre in Europa, America e Asia, consolidando un network sportivo unico nel suo genere, con un valore complessivo stimato in oltre 5 miliardi di dollari.

Ma l’impero dello sceicco va ben oltre lo sport. Possiede un portafoglio immobiliare internazionale del valore di circa 1,5 miliardi di dollari, con proprietà di pregio a Londra, Parigi e New York. Tra i suoi investimenti più noti figurano il Château de Baillon, acquistato per circa 40 milioni di euro, e immobili di lusso nelle aree di Mayfair e Berkeley Square, nel cuore della capitale britannica.

Il suo stile di vita riflette il lusso tipico della nobiltà del Golfo: una flotta di supercar, yacht privati e una collezione d’arte di valore incalcolabile completano il ritratto di un leader capace di combinare potere politico e raffinatezza personale.

Influenza diplomatica e leadership regionale

Sul piano geopolitico, Sheikh Mansour rappresenta uno dei principali architetti della politica estera emiratina, che si fonda su pragmatismo economico e cooperazione strategica. Negli ultimi anni, ha giocato un ruolo fondamentale nei rapporti tra Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, contribuendo a consolidare una partnership economica e militare di lungo periodo.
La sua figura è spesso associata all’approccio di “soft power” adottato da Abu Dhabi: una strategia che utilizza investimenti, sport, cultura e diplomazia economica come strumenti di influenza globale.

Attraverso questa politica multilaterale, Mansour ha favorito accordi bilaterali con numerosi Paesi, rafforzando la presenza degli Emirati nel Mediterraneo, in Africa e nel Sud-Est asiatico. L’obiettivo è costruire una rete di alleanze strategiche in grado di garantire stabilità regionale e nuove opportunità di sviluppo sostenibile.

Un simbolo della nuova élite araba

Sheikh Mansour incarna la figura del leader arabo moderno, capace di unire tradizione e innovazione. Il suo profilo pubblico è quello di un uomo d’affari globale, promotore della trasformazione economica del Golfo e sostenitore di un modello di crescita che combina ricchezza, tecnologia e inclusione sociale.
Pur rimanendo discreto nella vita privata, il suo nome è ormai sinonimo di potere, modernità e influenza internazionale.
L’episodio di Sharm el-Sheikh ha solo ricordato al mondo ciò che gli osservatori geopolitici già sanno: dietro il sorriso dello sceicco Mansour si cela una delle personalità più determinanti del Medio Oriente contemporaneo.