Unicredit e il Banco Bpm: La Cronaca di un’Offerta Rifiutata

Francesca Vitali

Il tentativo di fusione e la nascita del terzo polo

Nel novembre 2024, un’importante mossa politica e finanziaria veniva delineata dal Tesoro italiano, che bloccava l’acquisizione di Monte dei Paschi di Siena e apriva la strada alla creazione di un grande terzo polo bancario italiano. Il piano prevedeva l’integrazione tra Banco Bpm, Anima e una Mps ormai risanata grazie agli sforzi dell’amministratore delegato Luigi Lovaglio. La cessione di una quota del 15% di Siena a un partner industriale, accompagnata da due forti soci italiani, il gruppo Caltagirone e Delfin della famiglia Del Vecchio, portava una capitalizzazione aggregata superiore ai 20 miliardi di euro, con buone prospettive di crescita in caso di fusione.

Il colpo di scena: l’offerta di Unicredit

Il 25 novembre 2024, però, i piani venivano improvvisamente stravolti: Andrea Orcel, CEO di Unicredit, lanciava un’offerta pubblica di scambio volontaria per Banco Bpm, del valore complessivo di 10 miliardi di euro. Con una lunga esperienza nelle scalate ostili, Orcel aveva puntato su Banco Bpm, con l’obiettivo di creare una delle banche più grandi d’Europa, superando anche i diretti concorrenti per capitalizzazione di mercato.

L’annuncio sorprese tutti, compreso il governo italiano, che aveva già puntato sulla creazione del terzo polo. Unicredit voleva diventare la terza banca europea per capitalizzazione, ma il governo, con l’aiuto di Consob e delle autorità competenti, non tardò a reagire.

L’intervento del governo e la sospensione dell’offerta

Nel mese di aprile 2025, il governo italiano fece sentire la sua voce, imponendo il golden power, una serie di misure speciali a tutela degli interessi strategici del paese. La decisione riguardava principalmente la cessione di filiali e l’eventuale vendita di sportelli, nonché la questione della presenza di Unicredit in Russia, un tema particolarmente sensibile per il Ministero dell’Economia. Di fronte a queste prescrizioni, Unicredit si vide costretta a chiedere a Consob di sospendere l’offerta, ottenendo una proroga di 30 giorni.

Nel frattempo, le tensioni tra Unicredit e Banco Bpm si intensificavano, con Banco Bpm che contestava l’offerta e le condizioni di mercato, in particolare la valutazione delle azioni a sconto rispetto ai corsi di Borsa. La situazione si complicava ulteriormente con il ricorso al Tar da parte di Unicredit, che mirava a smontare le restrizioni imposte dal governo.

I nuovi sviluppi e la sospensione definitiva

Nel mese di luglio 2025, la situazione giungeva a un punto di stallo. Dopo il respingimento della richiesta di Banco Bpm da parte del Tar, l’Antitrust UE dava il via libera all’acquisizione, ma con delle condizioni vincolanti. Tuttavia, la Commissione Europea sollevava dubbi sulla compatibilità dell’operazione con il diritto comunitario, aprendo la possibilità di un contenzioso.

Il 22 luglio, a meno di 24 ore dalla scadenza dell’offerta, Consob sospendeva nuovamente l’operazione, citando l’incertezza giuridica derivante dalle nuove valutazioni. Poche ore dopo, il CDA di Unicredit ha reso noto ufficialmente che l’offerta per Banco Bpm veniva ritirata, poiché le condizioni relative all’autorizzazione Golden Power non erano state soddisfatte.

Conclusione: Il rischio di una ritirata definitiva

Alla fine, Andrea Orcel e Unicredit hanno dovuto fare i conti con numerosi ostacoli politici e normativi, decidendo di ritirarsi dall’acquisizione di Banco Bpm. Ma è davvero conclusa? È difficile pensare che l’amministratore delegato di Unicredit rinunci definitivamente nel risiko bancario italiano. È probabile che la partita sia solo stata rinviata.