Nvidia torna a vendere chip AI in Cina con l’ok di Trump

Autorizzazione strategica per i chip H20

L’amministrazione Trump ha dato il via libera alla ripresa delle esportazioni verso la Cina dei processori H20 di Nvidia, in precedenza bloccati dalle restrizioni statunitensi. Il chip H20, pensato per rispettare i controlli all’export, era stato vietato lo scorso aprile. Ora potrà essere nuovamente commercializzato come parte di un più ampio accordo commerciale bilaterale, che include concessioni su materie prime critiche.

Le perdite miliardarie e il peso del mercato cinese

Il mercato cinese rappresenta circa il 13% dei ricavi globali di Nvidia. Il blocco delle vendite dei chip per l’intelligenza artificiale aveva causato all’azienda una perdita stimata di 5,5 miliardi di dollari. Con il ritorno dell’autorizzazione, Nvidia potrà recuperare parte delle entrate mancate in una fase cruciale per il settore tecnologico. La decisione si inserisce in un contesto in cui Nvidia ha raggiunto una capitalizzazione record di oltre 4.000 miliardi di dollari, diventando il leader assoluto del comparto AI.

Pressioni politiche e calcolo geopolitico

L’approvazione per la vendita dei chip è arrivata dopo un incontro tra il CEO Jensen Huang e il presidente Donald Trump alla Casa Bianca. Huang ha evidenziato il rischio che un embargo troppo rigido possa favorire lo sviluppo tecnologico indipendente della Cina, erodendo la leadership globale degli Stati Uniti nell’intelligenza artificiale. L’intervento diretto di Trump ha dunque segnato un cambiamento significativo rispetto alle politiche dell’ex presidente Joe Biden, che dal 2022 aveva implementato un crescente numero di restrizioni.

Il ruolo dei chip H20 nello scenario globale

I chip H20 sono stati sviluppati per restare sotto la soglia dei limiti imposti dalle normative statunitensi, offrendo comunque capacità computazionali utili per l’addestramento di modelli AI. In particolare, tali chip sono stati utilizzati nello sviluppo di DeepSeek, un sistema cinese che ha raggiunto prestazioni comparabili a quelle di modelli occidentali come GPT di OpenAI, ma con costi di sviluppo molto più bassi. Questo risultato ha generato allarme a Washington, spingendo a riconsiderare l’efficacia delle sanzioni.

Le concessioni incrociate dell’accordo bilaterale

L’autorizzazione per Nvidia fa parte di un pacchetto negoziale più ampio tra Stati Uniti e Cina. Gli Stati Uniti otterranno in cambio un accesso preferenziale a terre rare e magneti, materiali chiave per i settori delle energie rinnovabili e della difesa nazionale. Parallelamente, Washington ha deciso di alleggerire le restrizioni su software per la progettazione di microchip, sull’etano e su componenti per motori aeronautici. Secondo il Segretario al Tesoro Scott Bessent, le misure restrittive nel comparto dei semiconduttori sono state utilizzate come leva negoziale nelle trattative con Pechino.

L’autosufficienza tecnologica cinese avanza

Nonostante le restrizioni, la Cina ha accelerato lo sviluppo interno di chip per l’AI, con risultati concreti. Huawei, ad esempio, ha progettato i processori Ascend 910B e 910C, destinati a competere con i prodotti Nvidia nel segmento dei data center AI. Aziende come ByteDance, Tencent e Baidu li utilizzano già per addestrare i propri modelli. Questo trend conferma che le sanzioni commerciali stanno incentivando l’innovazione autonoma anziché bloccarla.

Scelte pragmatiche tra sicurezza e mercato

La mossa dell’amministrazione Trump riflette un approccio più bilanciato: da un lato, mantenere la supremazia tecnologica americana, dall’altro evitare che un isolamento forzato spinga la Cina a sviluppare alternative competitive. Il compromesso raggiunto dimostra che l’interdipendenza tra le due potenze economiche resta elevata, soprattutto in settori strategici come l’intelligenza artificiale, i semiconduttori e le materie prime critiche.