Il primo blocco federale dal 2018
Negli Stati Uniti è entrato in vigore il primo shutdown federale dopo quasi sette anni, conseguenza diretta dello stallo politico sul bilancio al Congresso. Dalla mezzanotte, gran parte dell’amministrazione è stata costretta a sospendere le proprie attività, garantendo esclusivamente i servizi essenziali. Secondo le stime ufficiali, circa 750.000 dipendenti pubblici sono stati messi in congedo temporaneo, con inevitabili ripercussioni sul funzionamento di molte agenzie federali.
Impatti sul lavoro e possibili ricadute economiche
La chiusura delle attività governative porta con sé rischi significativi per il mercato del lavoro. Secondo le valutazioni di Bloomberg Economics, un blocco prolungato di tre settimane potrebbe far aumentare il tasso di disoccupazione dal 4,3% di agosto a valori compresi tra 4,6% e 4,7%. Le conseguenze non riguardano soltanto i dipendenti pubblici, ma anche l’indotto privato che dipende da contratti e servizi federali. Inoltre, il protrarsi dello shutdown potrebbe influire sulla fiducia dei consumatori e sulla crescita economica nei prossimi trimestri.
Dati statistici bloccati e incertezza per la Fed
Uno degli effetti collaterali più rilevanti è la sospensione della pubblicazione di indicatori economici fondamentali. Tra i dati che rischiano di non essere diffusi figura il rapporto mensile sull’occupazione elaborato dal Bureau of Labor Statistics, elemento cruciale per le decisioni della Federal Reserve in materia di politica monetaria. Senza queste informazioni, la banca centrale americana si troverà in difficoltà nel valutare l’andamento dell’economia e nel definire le prossime mosse sui tassi di interesse.
Reazione negativa dei mercati finanziari
L’incertezza generata dallo shutdown ha immediatamente pesato sui mercati. I futures di Wall Street indicano un’apertura in ribasso di quasi l’1%, segnalando nervosismo tra gli investitori. Le tensioni politiche a Washington si riflettono così in un clima di instabilità che alimenta la volatilità finanziaria. Anche il settore obbligazionario e quello azionario risentono del timore che la paralisi possa protrarsi a lungo, incidendo sulla crescita del Paese.
L’oro tocca nuovi massimi storici
In questo contesto di incertezza, i capitali si spostano verso i beni rifugio. L’oro ha superato la soglia dei 3.900 dollari l’oncia, raggiungendo livelli record. La corsa al metallo prezioso riflette la necessità degli investitori di proteggersi da un possibile deterioramento dello scenario economico. La spinta verso l’oro evidenzia come la crisi politica interna agli Stati Uniti stia avendo effetti immediati e globali, con implicazioni rilevanti per le dinamiche di investimento a livello internazionale.